Diego Naska: la catarsi musicale di "Pagliaccio"

Esistono dei legami catartici, strani, unici. Delle sensazioni che ci governano senza che ne abbiamo realmente coscienza. Attrazioni che non si controllano e che decidono un po’ al posto nostro. Ecco cosa è successo quando è stata pubblicata, qualche giorno fa, la track list del nuovo album di Diego Naska. Letti i titoli il cervello si è bloccato su una semplice parola “Pagliaccio” e, qualcosa dalla bocca dello stomaco ha detto: è quella.

Quindi lasciamo da parte per un solo istante tutte le altre canzoni, fermiamoci su ciò che questo testo è stato in grado di muovermi facendomi perdere assolutamente il controllo. Perché sì, questo è uno di quei casi in cui non riuscirò a scindere le mie emozioni da ciò che sto permettere per iscritto. Il legame, come dicevo, è catartico e sapevo che mi avrebbe comunicato qualcosa che sarebbe andato ben oltre alle semplici note di una ballad.

Il mondo, il mio universo, si è quindi fermato e ripiegato su se stesso mentre ascoltavo quelle parole. Finendo, inevitabilmente, a pensare a tutte quelle volte in cui più o meno letteralmente ho tinto la mia faccia di bianco e indossato la maschera del clown. Del resto, ho sempre pensato che il Joker facesse un po’ parte di me, ma questa canzone ha messo in note le motivazioni per cui lo sentivo tanto mio.

È vero: Diego parla dello show, del suo stare sul palco al di la di come si sente, perché la gente ha pagato il biglietto e vuole sentirlo cantare anche se il vuoto lo sta divorando da dentro. Risulta quasi paradossale perché in molti penseranno che la scelta sia stata la sua. Sento già le voci di chi dirà “fai successo, pagane il prezzo”. Eppure non è così facile.

“Quanto vorrei chiudermi in bagno
spegnere tutto e pensare un po’ a me stesso”

La carriera nel mondo musicale l’ha scelta lui, ma spesso non si capisce quanto costoso e faticoso possa essere il peso di arrivare ad odiare ciò che tanto si ama.

“E io salgo sul palco come se nulla fosse
Butto la sigaretta e inizio col colpo di tosse”

Sotto l’inno del “the show must go on”, non esistono problemi personali quando la folla ti fagocita e ti acclama. Paradossale come io abbia risentito queste stesse parole in altri contesti, in altri rapporti, in altri show. Non mi esibisco su di un palco, ma – non per citare Shakespeare o Goffman – la vita non è forse un palcoscenico? Ed ecco allora che, mentre le note proseguono, i miei occhi si riempiono di tutte quelle scene in cui mi sono sentita svuotata dagli altri. Momenti in cui sembrava come se fosse solo il mondo intero ad avere necessità dei miei consigli, della mia stupida saggezza, ma contemporaneamente quello stesso mondo non aveva lo sbatti di fermarsi e di chiedermi come io stessi.

“Ridi, balla scemo
muori dentro, ma non devi piangere
piangere
piangere
così nessuno lo saprà mai”  

Quelle stesse emozioni non hanno altra destinazione se non il proprio cuscino, la propria notte insonne e le proprie paranoie. L’isolamento volontario in cui scegli consapevolmente di non toglierti più da dosso la maschera. Perché alla fine è quello che ci si aspetta, quel ruolo prestabilito che diventa un po’ la confort zone. Così neanche Diego vuol scendere da quel palco, ci resta col sorriso in attesa di dover tornare a fare i conti con la vita.

“Ho amici che non vedo
Amici a cui non credo”

Cosa manca poi? La fiducia. Non sai più se le persone sono nella tua vita per una loro necessità o se ne sono andati perché hanno preso quel che potevano da te. Col nodo in gola, infine, non resta far altro che ammettere quanto all’interno di “The Freak Show” ci sia un brano che fa ciò che è esattamente espresso col suo testo: “ci scrivo una canzone che magari a te servirà per non sentirti solo in mezzo a tutte ste persone”. Perché sì, sei riuscito esattamente a fare questo. Un brano, l’ennesimo presente all’interno dei tuoi dischi, che è riuscito a farmi sentire compresa nonostante la mancanza di conoscenza personale. Quindi grazie Diego per aver espresso e cantato, grazie per aver indossato quella maschera ed esserti fatto simbolo di queste emozioni. Se vuoi, però… ne possiamo parlare insieme.

di Lapizia

Guardo troppi film e parlo troppo velocemente, ma ho anche dei difetti!

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