Fast Animals And Slow Kids

Il “Festa Tour 2024” dei Fast Animals And Slow Kids ha fatto tappa all’Atlantico di Roma lo scorso martedì 17 dicembre. Noi di Lapiziaviews Magazine c’eravamo e abbiamo cantato, pogato, ma soprattutto ci siamo emozionati.

Se non lo sapeste, come ci tengono a raccontare loro stessi, vengono da Perugia – i loro concerti infatti si aprono sempre con Aimone, il cantante, che ci saluta con la stessa formula, seguita da un fortissimo applauso: “Salve a tutte, salve a tutti, noi siamo i Fast Animals And Slow Kids, e veniamo da Perugia”.

Il nuovo lavoro della band perugina, “Hotel Esistenza“, la fa da padrone nella scenografia del palcoscenico. Insegna luminosa “FASK” tipica degli alberghi, porte con tanto di targhetta numerata che, quando aperte, mostrano scene introduttive delle varie canzoni. Sembra proprio di essere nel corridoio di un hotel, le lampade tra le porte che si accendono e spengono a tempo potremmo trovarle tranquillamente viaggiando.

Il live si apre con la stessa canzone con cui comincia il disco: “Una vita normale”: un rombo di un’automobile che si accende, ed inizia così il nostro viaggio tra passato e presente del quartetto perugino.

Nonostante alla data del concerto l’album sia uscito da meno di due mesi, tutte le anime presenti al live non mancano una parola – modestamente, me compresa. Ho consumato l’album intero su Spotify, e non vedevo l’ora di questo concerto.

La canzone successiva è la mia preferita, “Quasi l’universo”. Un pezzo d’amore che è una carezza sul cuore, non avrei altre parole per descriverlo. Dal vivo è decisamente un gioiellino.

Si fa avanti e indietro tra pezzi più recenti e non, canzoni che non mancano mai in scaletta e sorprese.

Balliamo, saltiamo, poghiamo e ci commuoviamo, in una montagna russa di emozioni dalla durata di un paio di ore.

Il pogo inizia seriamente su “Come un animale”: rimane comunque decisamente non violento, e rispettoso delle persone che vi partecipano. “È una canzone su cui non si può non pogare” mi era stato detto, e non posso che concordare.

Il ritmo si abbassa con “Riviera Crepacuore” e “Lago ad alta quota”, due canzoni altamente introspettive, ma allo stesso tempo molto differenti tra loro.

Sono felice che sia stato dato spazio anche ad “Animali Notturni”, il mio album preferito della band, nonché quello con cui li ho scoperti ormai nel 2019. Manca la mia canzone preferita, “Dritto al cuore”, ma in scaletta riescono a trovare posto “Canzoni tristi”, “Animali notturni” e “Non potrei mai”.

Questa versione di “Animali notturni” ricorda quella del live con orchestra del 2023 – ancora più intima e toccante. Il passaggio dalla prima strofa “ma dove son finiti tutti quanti? Eravamo almeno venti, almeno venti” all’ultima “ma dove son finiti tutti quanti? Siete qui davanti, qui davanti” fa venire i brividi. In chiusura del pezzo, la ripetizione di “potremmo stringerci più forte e non sentirci mai più soli” è l’ennesima conferma di quanto la penna dei ragazzi di questa band sappia essere potente e graffiante al punto giusto. Da prendere come un invito a voler più bene alle persone che si hanno accanto.

Ritornando alla sezione più “strong” del live, non posso non nominare “Vita sperduta” – ho il ritornello in testa fin dalla prima volta che l’ho sentita – e “Brucia”. Fin dal primo ascolto di “Hotel Esistenza”, il pezzo che ero più curiosa di sentire live era proprio “Brucia”. Rabbiosa, “chitarrosa”, potente, testo tagliente: questo pezzo ha decisamente tutto ciò che ho sempre cercato in una canzone rock. E poi diciamocelo, chi di noi non ha mai avuto voglia di dare fuoco a tutto quanto?

“Coperta”, “Annabelle” e “Come reagire al presente” sono invece un passo indietro verso le radici della band, tre canzoni più grezze ma non per questo meno apprezzate dal pubblico, anzi. Sono abbastanza sicura di aver sentito qualcuno urlare sulle prime note di “Annabelle”.

Altro momento degno di nota è lo scambio Aimone-Alessio: Aimone prende le bacchette e si siede dietro la batteria, mentre Alessio guadagna il centro del palco. Una cover di “Rock and Roll” dei Led Zeppelin ci fa volare dritti negli anni ’70.

Le luci calano di nuovo, l’atmosfera si fa più malinconica e nell’aria si sentono le prime note di “Torna”.  Il testo così struggente è riuscito a strapparmi il cuore dal petto, facendomi provare sulla pelle il dolore di aspettare il ritorno di chi non ha intenzione di tornare da te.

In chiusura del concerto, il momento che ho sempre e soltanto visto su Instagram: “Forse non è la felicità”. Un momento che fa sentire il pubblico veramente unito, ma è allo stesso tempo agrodolce in quanto, da tradizione FASK, è sempre l’ultimo pezzo in scaletta.

Se, come nel mio caso, questo tour invernale vi ha fatto venire voglia di un altro concerto dei FASK, non temete: la band ha già annunciato un tour estivo, con date in aggiornamento. Ci vediamo sottopalco!

di Fabiana Platania

Potete trovarmi a cantare a squarciagola sottopalco, in un moshpit oppure con la macchinetta fotografica in mano. Se mi chiedeste di scegliere tra le tre opzioni, non penso ne sarei in grado!

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