È passata più di una settimana da quanto Dile ha deciso di dar voce ai nostri cuori infranti. Chi sta scrivendo questa recensione continua a restare la stessa persona a cui hanno fatto “una cura Ludovico” con le sue canzoni e ormai non ne può più fare a meno. Per quanto, però, ci siano state tante frasi che si sono incise sul mio cuore, l’arrivo di “Carnevale” ha toccato ferite profonde non del tutto rimarginate.
“Lei scarabocchia su un foglio di carta
E dedica canzoni a chi non le merita
Lei ama alla follia ma non immagina
Che una relazione tossica la cambierà
Beve tisane prima di dormire
Manda messaggi a chi l′ha già fatta soffrire
Lei è quella che indossa sempre una taglia più grande
Lei è una farfalla ma si sente elefante”
È vero, sarebbe più facile associare quella “relazione tossica” a quella di tipo romantico, ma cosa succede quando la realtà è un’altra? Quando la tossicità non la si riesce a individuare perché mascherata all’interno delle più nobili intenzioni? Cosa succede quando sono le persone più vicine a noi, quelle del quotidiano ad avere il potere di svuotarci dall’interno? Cosa succede quando è l’amicizia a segnare il più forte taglio sulla nostra anima? Beh… gli effetti sono pressoché analoghi. Il senso di inadeguatezza rimane. Il dolore si amplifica. Il senso di inadeguatezza ci si incolla addosso e trova terreno fertile.
Bere tisane diventa pressoché inutile, quasi come se queste potessero colmare una cura del sé che non esiste. Continuando con quella tossicità si ricerca chi ci ha fatti sentire in quel modo, perché diventa quasi l’unico modo che si conosce per potersi sentire amati. Paradossale come si ricerchi amore nelle conferme date dalla mortificazione.
Qui parla chi quella taglia più grande è stata costretta a indossarla. Quella che l’elefante lo è diventato senza neanche rendersene conto. L’altra faccia della medaglia che si sentiva talmente tanto inadeguata da voler diventare repellente e inavvicinabile. La carta da parati che non viene guardata neanche per sbaglio. Ancora più assurdo come si possa andare persino alla ricerca di un fastidioso “Ciao Bella” per strada; come se il cat calling potesse diventare l’affermazione della tua effettiva esistenza su questo pianeta.
“Lei che si nasconde sempre dentro le canzoni tristi
Si giudica allo specchio anche se odia i pregiudizi
Quando s’innamora non le viene fame
Lancia le monete dentro le fontane”
Quando il rapporto con le proprie emozioni diviene talmente tanto intenso da non poter essere gestito e allora le si divora. Le si seppelliscono dietro comportamenti sbagliati, mangiando di nascosto, oscurando i propri pensieri come se tutto ciò non sia reale, come se sia un’altra persona a farlo.
E se arriva l’amore che fare? Arrivano le paranoie a farci compagnia e a farci sentire inadeguati. Arrivano loro a dirci di non essere abbastanza. Il ciclo così ricomincia, senza una vera e propria fine fin quando lo stomaco è diventato così largo da poter divorare persino una mongolfiera.
“Ama stare sola ma non è capace
Mette una maschera anche
Se non è carnevale
Mette una maschera anche
Se non è carnevale
Le cicatrici bruciano
Solo se cambia il tempo
I ti amo detti male ormai
Si perdono nel vento
In lei la voglia di crescere in fretta
Con le ali spezzate
Non sa cosa cerca”
A questo punto non si riesce a far altro se non urlare: cuscino in faccia per poter attutire il suono e tutto l’odio verso sé stessi che emerge come un fiume in piena. Dov’è il proprio posto nel mondo se tutto quello che sei, tutto quello che ami viene giudicato come sbagliato? Dov’è sei tu se gli altri ti dicono come e cosa dover essere per poter avere un qualche tipo di approvazione? Crescere in fretta, osservare gli altri in silenzio, cercare di conformarsi per non sentire ancora una volta quella vocina nella propria testa che ripete “sei sbagliata”.
“Lei dice che è stata addestrata ad amare
Da uno stato che crede sia tutto normale”
Ma forse è meglio non amare e trincerarsi dietro il cinismo, dietro il sarcasmo, dietro una finta insensibilità. Osservare, guardare, ascoltare, capire le mosse dell’altro ancora prima che le compia così da non rischiar di essere traditi. La fiducia che va a putt*ne e tutto da dover ricominciare. L’amore come forma di educazione, di addestramento: un sentimento svuotato dal suo significato, replicato solo per non restare soli.
Si, forse questa più che essere una recensione, è una sorta di pagina di diario. Quelle stesse pagine che non sono mai stata in grado di portare avanti, perché la costanza non è mai stata una mia caratteristica.
Dile, in ogni caso, ci ha regalato una piccola perla che urla alle anime fragili. Un sostegno per poter trovare la propria forza mentre ci si rialza e si ricomincia a credere in sé stessi ancor prima degli altri. Un inno per tutte quelle persone che hanno fatto si che la quotidianità diventasse un po’ il proprio carnevale. Paradossale quanto io abbia trovato il mio posto, sentendomi più me stessa, all’interno delle fiere del fumetto in cui potevo indossare “degli abiti di scena”.
Quando la maschera cade, però, bisogna ricordare un po’ tutti che la nostra forza si nasconde lì. Spogliarsi di tutta questa ricerca della perfezione e indossare la propria fragilità fa si che li risieda la forza più pura di ognuno di noi.
Quindi, grazie. Grazie per questa ballad che di romantico ha ben poco nonostante parli di quella ricerca costante dell’amore per stessi.
Segui Dile su:
TikTok
Instagram