Bentornati a Cultedì! La rubrica dove andremo a riscoprire i grandi capolavori e capisaldi della storia del Cinema. Quello che leggerete non sarà una vera e propria critica all’opera, piuttosto un caloroso invito a recuperarne la visione, e/o a rivederla. Fatte le doverese premesse, iniziamo!
Ebbene sì: oggi affronteremo il grande genio indiscusso Tim Burton. Nel corso di oltre tre decadi ha fatto innamorare folle gremite di giovani (e non solo) spettatori, con il suo Cinema e la sua poetica. Dall’amore incondizionato per il macabro e il gotico, alla spinta verso il viaggio, l’ignoto e la scoperta e la valorizzazione del diverso. Burton ha da sempre ammaliato i suoi spettatori con la sua brillante follia. Riteniamo, infatti, indecoroso non parlare del punto più alto della sua carriera: “Big Fish- Le storie di una vita incredibile”.
![Cultedì: Big Fish](https://i0.wp.com/www.lapiziaviewsmagazine.it/wp-content/uploads/2024/11/copertine-articoli-78.png?resize=640%2C336&ssl=1)
Il potere del racconto…
Siamo nel 2003 quando in sala arriva il film che narra le geste e le avventure di Edward Bloom, surreali, fantastiche, insomma: burtionane! La storia ha al centro il rapporto conflittuale tra un figlio frustrato il padre. Quest’ultimo, ormai sul letto di morte, decide di assecondare la richiesta del figlio. Così gli racconta tutta la sua vita, quella vera però.
Inizia un intreccio di ricordi dove il fantastico e il reale si annullano, lasciando posto alla totale e libera all’illogicità del sogno. Prende così vita tutta la visionarietà del grande regista. Il figlio Will (Billy Crudup) e il padre Edward Bloom (Albert Finney/Ewan McGregor) hanno in comune l’amore per le storie e il loro fascino verso coloro che sono disposti ad ascoltarle.
Tuttavia, Will cresciuto con un padre spesso assente per via del suo lavoro. Vivendo con le continue e assurde giustificazioni: incontri di quest’ultimo con un gigante; o il suo lavorare in un circo dove il direttore (Danny De Vito) non era altro che un lupo mutaforma; o l’incontro con un poeta sgangherato (Steve Buscemi); o addirittura, l’assurdo e inaspettato incontro del padre con una strega avvenuta quando egli non era che un ragazzo. Ed è proprio in quel momento che al padre gli verrà rivelato dalla strega (Helena Bohnam Carter) la sua morte. Così facendo, Edward Bloom nel corso degli anni non avrà mai paura di tirarsi indietro davanti a sfide impervie e a pericoli mortali.
Da tutto il racconto che il vecchio Edward Bloom fa al figlio ne si trae che la vita non è che una folle straordinaria avventura. Un viaggio che va preso di petto e senza troppa paura, dove anche il più inaspettato degli incontri può portarti verso posti di cui non eri neanche in grado d’immaginare.
Ciò che però è lecito ricordare, è che tutta la pellicola non è che un inno all’amore. Un messaggio che il padre vuol lasciare al figlio che a breve diventerà anch’egli padre. La stessa storia d’amore del padre è intrisa di pura fantasia e attimi di pura poesia che solo il Cinema riesce a dare. Così come tutti gli altri eventi vissuti da Edward Bloom lo fanno diventare un grosso pesce che sa nuotare in un mondo inesplorato, libero e fluido da ogni costrizione!
![Cultedì: Big Fish](https://i0.wp.com/www.lapiziaviewsmagazine.it/wp-content/uploads/2024/11/copertine-articoli-79.png?resize=640%2C336&ssl=1)
L’elaborazione del lutto
Il tema del lutto ha attraversato l’intera pre-produzione produzione del film. Lo stesso Burton tra il 2000 e il 2002 ha perso entrambi i genitori, con i quali non aveva mai avuto un gran rapporto. Proprio la realizzazione del film, e la sua vicinanza emotiva con i suoi personaggi, ha avvicinato il regista ad una sorta di liberazione ed elaborazione. Quasi come una catarsi finale con le proprie figure genitoriali.
Prima di Big Fish, Tim Burton non si era mai avventurato in un’opera completamente diversa. Era ancorato a tematiche e stilemi che avevano, fino a quel momento, caratterizzato il suo cinema. Qui, invece, il regista ha saputo incanalare il proprio dolore in una storia che lo ha rapito profondamente, creando grandi momenti di pura visionarietà e di una bellezza unica.
Come non citare ad esempio la sequenza in cui ci viene spiegato che quando s’incontra l’amore di una vita il tempo si ferma, e noi ci muoviamo in un mondo immobile, poiché vediamo solamente l’oggetto del nostro desiderio, ossia la persona amata, l’unico inghippo è che poi il tempo dovrà andare a doppia velocità per recuperare gli istanti persi.
Attimi come questi, o come quello in cui vediamo Edward Bloom sprofondare con la macchina in un lago ed essere poi circordato da sirene, ci desta non solo pura meraviglia, ma desiderio che tali avvenimenti possano effettivamente accadare nella nostra realtà.
![Cultedì: Big Fish](https://i0.wp.com/www.lapiziaviewsmagazine.it/wp-content/uploads/2024/11/copertine-articoli-80.png?resize=640%2C336&ssl=1)
L’importanza del ricordo
Tim Burton spesso ha messo in campo il tema del ricordo e quello della storia che un personaggio racconta o che meglio… tramanda. Lo è in Edward: mani di forbice (1990) dove l’anziana Kim Boggs (Winona Ryder) racconta alla nipotina del suo grande amore giovanile con Edward. Lo è ne La sposa cadavere (2005) dove il ricordo della promessa nuziale mantiene nel limbo la sposa Emily (Helena Bonham Carter) desiderosa di sposare il suo amato Victor (Johnny Depp)…e così in molte altre opere del regista.
Big Fish – Le storie di una vita incredibile è dunque un inno alla vita e alla sua incredibile imprevedibilità. Dopotutto, ciò che rimane è ciò che lega la figura di Edward Bloom a quella di un giovane ragazzo che non voleva mai crescere e che soleva sempre ricordare che la morte può essere una grande avventura!