Il Festival della Canzone Italiana è da sempre il punto nevralgico per i palinsesti televisivi di casa Rai, ma non solo. Durante la cosiddetta “Settimana Santa” tutto si ferma. Viaggiamo in un loop infinito fatto di ascolti, voti, outfit d’effetto e qualche polemica. Mentre, però, l’Italia è in adorazione, il mondo continua a vivere e a mietere vittime.
Noi siamo impegnati nei nostri giochi con nelle gare al FantaSanremo e le classifiche e ai brani che “sfonderanno”. Dall’altra parte del mondo, che sembra tanto lontano, la realtà è un’altra. Si combattono guerre, si fugge cercando un nuovo futuro, si lasciano ricordi e persone care.
In questo ordinario disordine ci sono personaggi che decidono di metterci la faccia. Si interrompe, così, il circo dell’ipocrisia e del divertimento forzato, chiudendo – momentaneamente – il gioco che piace a tutti. Si viene, in questo modo, riportati sulla Terra, usando positivamente il privilegio di essere su uno dei palchi più importanti d’Italia e del mondo intero.
Stiamo ovviamente parlando di alcuni dei cantanti in gara che hanno scelto di agire portando non solo canzoni. Messaggi necessari (e concedetemelo…umani) che spesso vengono ignorati o – purtroppo – dati per scontati. Ma arriviamo alla concretezza dei fatti.
Partiamo subito dall’esibizione di Dargen D’amico, un’esibizione classica, perfettamente studiata e inserita all’interno del linguaggio comunicativo dell’artista. La novità però è nel “post” quando Dargen decide consapevolmente di creare polemica e lo fa apertamente – per tre sere di fila – non facendo sconti a nessuno. L’artista infatti accusa tutti di essere complici di questo assordante silenzio, interrotto solo dal suono delle bombe e da quello delle alte onde di un mare di corpi. Tutti inclusi in questo ignorare le guerre, l’immigrazione e sulla situazione palestinese. Situazioni che, purtroppo, sembra non interessare realmente a nessuno. Ed è giusto perchè il silenzio non aiuta. Noi che diventiamo spettatori della disperazione e – come dice lo stesso Dargen – “nè Dio nè la Storia amano i complici“. Grazie Dargen per questa forza, per questa consapevolezza, però ti dobbiamo fare un appunto… tutto è Politica e non c’è davvero nulla di male in questo.
Il secondo artista, ovviamente, è Ghali che dopo la serata cover di ieri sera ha letteralmente distrutto una cultura patriottistica tossica e autodistruttiva. Il suo medley tra “Bayna” in arabo e “Italiano vero” è un manifesto politico pacifista contro una classe politica che non si arrende – forse troppo impegnati a spartirsi ruoli e poltrone – alla realtà dei fatti: ci sono italiani che non sono nati qui, ma che lo sono più di tanti di noi. Ghali non sbaglia, colpisce, va dritto al punto, attacca la nostra classe dirigente con un sorriso sornione da bravo ragazzo.
Non possiamo non ricordare anche i Negramaro, da sempre paladini dei diritti umani – tanto da vincere il premio Amnesty International con la canzone “Dalle mie parti” – che sul palco dell’Ariston hanno urlato un sonoro “Cessate il Fuoco” cercando in qualche modo di smuovere le coscienze di chi muove i fili delle relazioni internazionali.
Un Festival questo, che non si nasconde. Prende decisioni, affronta tematiche importanti e lo fa consapevole di avere davanti un pubblico pronto a puntare il dito, alla costante ricerca del trash e del “fattaccio”. La verità è che Sanremo oggi non è più quello di anni fa, riesce a entrare nelle case – come mai prima d’ora – e lo fa attraverso l’irriverenza di un gruppo di artisti che se ne fregano, parlano e non hanno paura di dire la verità.
Grazie Amadeus per questo e … Cessate il fuoco!