Torniamo indietro di qualche decade, durante la prima metà degli anni Novanta, nello studio dei produttori Don Simpson e Jerry Bruckheimer, intenzionati a lanciare un nuovo buddy movie sul grande schermo.
Un genere andato molto forte negli anni precedenti (basta pensare alla saga di Arma letale o a Starsky & Hutch) e alla luce di tutto questo, come fare per differenziarlo dagli altri in modo da avere più probabilità di successo non solo al botteghino ma anche nel cuore degli spettatori? In loro aiuto viene in soccorso un regista esordiente, Michael Bay.
![Bad Boys](https://i0.wp.com/www.lapiziaviewsmagazine.it/wp-content/uploads/2024/11/copertine-articoli-21.png?resize=640%2C336&ssl=1)
Con il primo Bad Boys il pubblico ha assistito a un qualcosa di davvero nuovo, non tanto per quel che riguarda il genere poliziesco quanto piuttosto a livello di regia: tanti effetti speciali ricchi di esplosioni ed inquadrature e cambi di sequenza rocamboleschi, senza dimenticare dialoghi molto politicamente scorretti e diverse occasioni in cui sono messe in risalto le bellezze femminili (quasi sempre svestite).
Una serie di scelte già allora divisive per una parte di pubblico e critica che oggi sembrano esserlo ancora di più (soprattutto riguardo agli ultimi due punti, dato che Hollywood cerca sempre di più di metterli al bando). In ogni caso, come accennato all’inizio, hanno lasciato il segno dando vita a quello che è tutt’oggi conosciuto come lo stile di Michael Bay (cosa rimarcata pure dai Griffin nell’episodio Tre registi) e a saghe molto redditizie e durature, come quella di Bad Boys.
![Bad Boys](https://i0.wp.com/www.lapiziaviewsmagazine.it/wp-content/uploads/2024/11/copertine-articoli-20.png?resize=640%2C336&ssl=1)
La domanda che sorge è se il merito di questa inossidabilità sia dovuto soltanto alla regia esplosiva di Bay e dei suoi contenuti politicamente scorretti?
Decisamente no, perché sono davvero pochi quelli che riescono ad apprezzare un film solo per il lato visivo o per qualche dialogo irriverente: c’è sempre bisogno di una buona storia, e Bad Boys l’ha avuta fin dal principio, soprattutto per quel che riguarda i suoi personaggi.
I due protagonisti, Mike Lowrey e Marcus Burnett, non sono soltanto interpretati da due dei migliori comici della loro generazione come Will Smith e Martin Lawrence, ma sono stati scritti bene fin dal principio.
Affascinante, seduttore, libero da legami e molto forte fisicamente il primo, mentre l’altro è più un tipo comune, oltre ad essere più impacciato sia sul lavoro che per quel che riguarda la vita sentimentale, con una famiglia che gli procura più di una preoccupazione: tipico di ogni buddy movie che si rispetti, due opposti che nonostante tutti gli screzi alla fine risultano decisamente compatibili.
![Bad Boys](https://i0.wp.com/www.lapiziaviewsmagazine.it/wp-content/uploads/2024/11/copertine-articoli-19.png?resize=640%2C336&ssl=1)
Due tipi imprevedibili croce e delizia non solo di amici e familiari ma anche e soprattutto dei loro superiori e colleghi di lavoro, ma tanto efficaci e coraggiosi, così alla fine di ogni riescono a vedere pienamente riconosciuti i loro meriti.
Questo solo per parlare dei due protagonisti, perché nei primi due Bad Boys hanno funzionato benissimo non solo gli antagonisti ma anche quelli secondari.
Fouchet (interpretato da Tchéky Karyo) e Hector Juan Tapia (Jordi Mollà, attore molto presente anche nel cinema italiano) sono due cattivi che al giorno d’oggi è sempre più difficile vedere sul grande schermo, perché oggi va di moda l’antagonista demenziale o isterico (basta guardare il dimenticabile remake di Road House), cosa che appunto Fouchet non è neanche lontanamente, mentre per quel che riguarda il secondo riproporlo in questo periodo sarebbe davvero pesante, perché pioverebbero accuse di becero patriottismo dato che per sconfiggerlo Lowrey e Burnett sono costretti ad “invadere” Cuba.
E per tornare ai personaggi femminili tanto criticati dai detrattori di Michael Bay, quest’ultimo ne ha diretti due davvero memorabili.
Nel primo abbiamo avuto Julie Mott (Téa Leoni), donna determinata ad ottenere giustizia per la sua amica Maxine (Karen Alexander), mentre soprattutto nel secondo abbiamo avuto Sydney “Syd” Burnett (Gabrielle Union), donna forte ed indipendente ma al tempo stesso umana: dopo aver sparato per la prima volta mostra a tutte le conseguenze e fragilità dovute a una serie di azioni violente come quelle che ha appena compiuto. Niente a che vedere con tutte le Mary Sue per niente realistiche ed empatiche che tanti franchise, in particolare quelli della Marvel o di Guerre Stellari, ci hanno mostrato negli ultimi anni.
E arriviamo così al 2020, anno dell’uscita al cinema di Bad Boys 3, distribuito con il titolo Bad Boys for Life.
Il classico sequel che ha rischiato di non vedere il buio della sala, rimandato e rivoluzionato di continuo, e se fosse stato ritardato di un altro po’ probabilmente sarebbe stato del tutto archiviato per via della pandemia di Covid-19, o al limite non si sarebbero trovate le motivazioni per realizzare il quarto capitolo.
Ma siamo stati appunto fortunati, Bad Boys 3 è realtà così come lo è già il quattro, la cui uscita nei cinema italiani è imminente.
In attesa della recensione di Ride or Die concludiamo questo speciale su Bad Boys parlando appunto di For life, dove come era prevedibile sono cambiate molte cose, a partire dal cast tecnico, completamente rivoluzionato (basta notare che Michael Bay si è limitato ad un cameo all’interno del film).
Quali sono state le differenze sostanziali del passaggio dal regista di Transformers al duo Adil El Arbi e Bilall Fallah?
Una direzione meno esplosiva e diminuzione delle battute scorrette e delle “nudità”, ma come dicevamo prima questo può essere il contorno di una buona opera audiovisiva.
Il piatto forte è sempre la storia, e Peter Craig e Joe Carnahan sono stati all’altezza della situazione, catapultando i vecchi protagonisti in una Miami per forza di cose molto diversa da quella del 2003 e soprattutto aumentando l’intensità della commozione.
![Bad Boys](https://i0.wp.com/www.lapiziaviewsmagazine.it/wp-content/uploads/2024/11/copertine-articoli-23.png?resize=640%2C336&ssl=1)
Cercando di essere il più sintetici possibili, per quel che riguarda il primo punto la filosofia di questo terzo capitolo è molto simile a quella degli ultimi film di Rocky, o di Top Gun: Maverick.
I detective Marcus Burnett e Mike Lowrey hanno quindi quasi venti primavere in più sul groppone, e questo è un problema sia dal punto di vista fisico che quello lavorativo.
Alla loro età è molto più facile morire in azione (e Mike ci va molto vicino proprio all’inizio…) così come devono fare i conti con la rivoluzione tecnologica padroneggiata benissimo dalle nuove leve.
Ragazzini contro matusa: ad inizio di questa storia le due fazioni sono decisamente in guerra, mancandosi di rispetto a vicenda, ma come è giusto che sia pian piano questa situazione migliora, ognuno ammette i propri errori e fa un passo indietro sulle proprie convinzioni, così i giovani possono emergere senza per forza mettere da parte la vecchia guardia.
Mentre sulla seconda parte, anche se i primi due capitoli avevano avuto dei momenti commoventi (la morte di Maxime nel primo e soprattutto la scelta della squadra di andare a Cuba nonostante la pericolosità della missione nel secondo) in Bad Boys for Life si piange molto di più, sequenze da batticuore dovute alla preoccupazione per la sorte di Mike e per la scomparsa di un personaggio storico di questa saga.
Saga fino a questo momento impeccabile, anche per quel che riguarda il doppiaggio italiano. I primi due film sono stati diretti da uno dei più grandi protagonisti di questo mestiere, ossia l’indimenticato Manlio De Angelis.
Il primo Bad Boys sembra più vecchio di quello che sembra perché Sandro Acerbo non era stato messo su Will Smith, così quest’ultimo è toccato a un altro grandissimo attore come Simone Mori, mentre Acerbo doppiò un altro elemento importantissimo di questa storia come il capitano Howard. Quest’ultimo, interpretato da Joe Pantoliano, in questa saga ha avuto ben tre voci diverse: dato che Acerbo grazie a Men in Black è diventato la voce ufficiale di Will Smith in Bad Boys II a doppiare Howard ci ha pensato Luciano Roffi, mentre nel terzo capitolo la scelta è ricaduta su un altro iconico professionista come Luca Dal Fabbro.
L’unico sempre presente per quel che riguarda i personaggi principali è stato dunque Marco Mete, sia per quel che riguarda il doppiaggio di Martin Lawrence che per i dialoghi della nostra versione, che da Bad Boys for Life per forza di cose è passata a un altro direttore, fortunatamente uno dei più bravi in circolazione: Alessandro Rossi.
Riguardo ai personaggi protagonisti in un’unica pellicola, vanno ricordati gli ottimi doppiaggi di Micaela Esdra (Julie Mott), Antonio Sanna (Fouchet), Rossella Acerbo (Sydney Burnett), Francesco Pannofino (Johnny Tapia), mentre per quel che riguarda le altre novità relative a Bad Boys for life abbiamo avuto Flavio Aquilone (Dorn), Benedetta Degli Innocenti (Kelly), Emanuele Ruzza (Rafe), Francesca Manicone (Rita), Marjo Berasategui (Isabel) e Davis Tagliaferro (Armando).
Siete dunque pronti ad andare al cinema da giovedì 13 giugno 2024 a vedere Bad Boys: Ride or Die e cantare di nuovo la storica canzone degli Inner Circle?