Continua la nostra rubrica del Cultedì, dove andremo a riscoprire i grandi capolavori e capisaldi della storia del Cinema. Il nostro cammino riprende un’opera che è, da molti, considerata la quintessenza del Cinema: “2001: Odissea nello spazio” (1968) di Stanley Kubrick.
Prima però d’incominciare, è giusto dare delle avvertenze: quello che leggerete non sarà una vera e propria critica all’opera, piuttosto un caloroso invito a recuperarne la visione, e/o a rivederla. In questo articolo non verrà citata o dilungata la trama, ma solo vagamente accennata, col fine di non rovinare la visione agli spettatori vergini del film.
![Cultedì: "2001: Odissea nello spazio"](https://i0.wp.com/www.lapiziaviewsmagazine.it/wp-content/uploads/2024/11/copertine-articoli-95.png?resize=640%2C336&ssl=1)
Così parlò Stanley Kubrick!
Tutti gli amanti del Cinema hanno impressa nella loro memoria visiva e sonora l’incipit dell’opera kubrickiana. Il levarsi del Sole con in sottofondo il brano di Strauss “Così parlò Zarathustra”. Kubrick fin dal primo frammento d’immagine riesce ad imprimere nella pellicola del nostra memoria, un sentimento, un’atmosfera che sarà destinato ad essere parte integrante di noi per tutto il susseguirsi della nostra esistenza. Ecco la forza del Cinema. L’adattamento dell’opera omonima di Clarke s’impone come un kolossal di fantascienza, destinato ad essere vero e proprio motivatore e fonte d’ispirazione per generazioni di registi ad avvenire.
2001: Odissea nello spazio rappresenta per molti, la più grande opera dell’intera filmografia kubrickiana, ed anche la più complessa. Tematiche quali la conoscenza, l’ossessione per essa, il destino dell’umanità, vita e morte, esplorazione sono le colonne portanti della nave nella quale Stanley Kubrick c’invita a salire per un viaggio ai confini dell’umanità, partendo dai suoi albori. Perché, infatti, 2001: Odissea nello spazio, si compone in quattro atti: L’alba dell’uomo, Clavius, Missione Giove, Giove e oltre l’infinito. Lo spettatore diventa perciò, volente o nolente, il passeggero inerme al quale si sottopone la pura esperienza cinematografica che sarà destinato a cambiarlo per sempre.
![Cultedì: "2001: Odissea nello spazio"](https://i0.wp.com/www.lapiziaviewsmagazine.it/wp-content/uploads/2024/11/copertine-articoli-96.png?resize=640%2C336&ssl=1)
L’Uomo e la sua creazione
Tutto inizia con l’arrivo del monolite sulla Terra, scoperto dagli ominidi che grazie ad esso, scoprono la conoscenza. Il sapere che gratifica ma che non perdona. Una conoscenza che porta con sé violenza e morte ma al tempo stesso anche rinascita, il nuovo inizio. Il lancio dell’osso della scimmia nel primo atto del film vuol essere il perfetto avvio a quello che ne conseguirà dopo, ossia il futuro comportato da quel singolo gesto destinato a cambiare il corso della storia. La scoperta di ciò pone il cambiamento e l’evoluzione dell’intera specie umana e di conseguenza una lotta per la sopravvivenza, che riesce a combinare e a mettere sullo stesso piatto della bilancia evolutiva scienza e natura.
Di fatto poi la nostra attenzione di singoli spettatori verrà spostata in avanti con i millenni, fino ad arrivare ad un futuro ben lontano da noi ma non così irraggiungibile. Una nave spaziale sta andando verso Giove. Ancora una volta il tema diventa fondante per la natura dell’uomo. Il quale non riesce a carpire il significato di limite, volendolo sempre di più superare. Ma dove ci spinge tutto ciò? Ad un senso di solitudine. Ciò che ci esterno, lontano da noi ci inquieta, ci potrebbe sopraffare, siamo consapevoli di non bastare a noi stessi, perciò l’Uomo ha capito che sua alleata è la tecnologia, rappresentata in 2001: Odissea nello spazio dal malevolo computer HAL-9000.
Un punto rosso a simboleggiare l’occhio della macchina che ci guarda e che continua a guardare. Il voyeurismo di questa pura intelligenza artificiale, imperterrita, detta legge sull’uomo, s’impone su di lui, manipolandolo, pensando di avere la meglio su di lui. L’ossessione dell’ominide, ormai non più mera scimmia, si è evoluto. E se prima l’istinto prevaleva sulla ragione, portandolo a lanciare l’osso in aria, quasi come se fosse un atto liberatorio, ora la ragione è soggiogata da ciò che egli, l’uomo, ritiene più intelligente di lui, ossia per l’appunto HAL-9000, la tecnologia più avanzata. Ma perché?
Nonostante il costante progresso e avanzare verso l’ignoto, l’uomo ha perso fiducia nella sua specie, diventato succube della sua stessa creazione. Da demiurgo al di sopra della sua creatura, è diventato schiava di essa. A tal punto che la sua stessa creatura, incarnata da HAL-9000, ha determinato già il suo destino: la morte. Ma l’uomo non può accettarlo ovviamente e sarà allora che il suo istinto di sopravvivenza avrà la meglio.
![Cultedì: "2001: Odissea nello spazio"](https://i0.wp.com/www.lapiziaviewsmagazine.it/wp-content/uploads/2024/11/copertine-articoli-97.png?resize=640%2C336&ssl=1)
L’ossessione per la conoscenza porta alla pazzia
L’Uomo in quanto specie vuol spingersi sempre più in là delle sue possibilità. Questo ci è chiaro. Ma cos’è che lo spinge realmente a compiere tale impresa? La risposta non la troverete in questo articolo, bensì troverete una riflessione sulle conseguenze di tale atto da parte dell’ominide ormai evoluto. Il problema non è conoscere, ma saper usare al meglio ciò che si apprende. Il non delineare in maniera chiara e coesa ciò che è lecito o meno fare con ciò che si conosce non aiuta l’uomo, ma lo mette allo sbaraglio e lo conduce alla pazzia.
Ora, in 2001: Odissea nello spazio tale concetto è espresso magistralmente nella viaggio onirico del protagonista, spintosi ancora più in là: ormai anziano e prossimo alla sua dipartita. Egli si ritroverà nuovamente faccia a faccia con il monolite, capro espiatorio della sua condanna al sapere, che lo condurrà in un viaggio che non sarà in grado di affrontare, dunque: distruggendolo. Ma, è risaputo che nulla si crea nulla si distrugge, ma tutto si trasforma. Alla fine, ciò che ne conseguirà sarà un nuovo inizio, un nuovo punto di partenza per l’umanità. Cosa resterà di noi dunque? Un feto sospeso nel vuoto, nel limbo di uno spazio non definito, nello spazio.
Non è un caso che 2001: Odissea nello spazio sia un’opera che pone in una forte crisi, dopo la sua visione, gli spettatori; che di fatto, ne rimangono interdetti. L’opera cinematografica in sé deve saper interrogare lo spettatore. Lasciarlo navigare nel dubbio e nella riflessione. Solo così egli, lo spettatore, muterà la sua mente, ottenendo una visione del tutto più aperta, più fluida.
L’interrogarsi, il mettersi in discussione è fondante in lui e nella nostra specie. Ci porta, per certi versi ad un grado di elevazione. Il Cinema, nel suo, è complice in ciò. Vi poniamo un esempio su quanto possa incidere una singola opera filmica all’interno di una comunità: quanti tra di noi credono ancora realmente che il filmato dell’allunaggio del 1969 dell’Apollo 11 non sia altro che un girato dello stesso Stanley Kubrick? Il quale, secondo alcuni, a sua volta avrebbe riciclato del materiale scartato proprio dalla sua stessa opera che l’anno prima lo aveva consacrato come simbolo divino della Settima Arte.
La verità è che il Cinema muta la realtà che viviamo, la migliora talvolta o la peggiora, a seconda dei casi. Per noi, sicuramente 2001: Odissea nello spazio di Stanley Kubrick, l’ha migliorata. Si tratta di un’opera che va vista sul grande schermo, nata per il Cinema e per la visione collettiva. Per questo ci teniamo a consigliarvela, sperando che possa essere di vostro gradimento. Augurandoci che possa interrogarvi così come ha interrogato noi, e continua a farlo da ormai più di cinquant’anni!