Bentornati a Cultedì! La rubrica dove andremo a riscoprire i grandi capolavori e capisaldi della storia del Cinema. Quello che leggerete non sarà una vera e propria critica all’opera, piuttosto un caloroso invito a recuperarne la visione, e/o a rivederla. Fatte le doverese premesse, iniziamo!
Il 1974 è stato un grande anno per il Cinema: in sala son passati film come Il padrino: parte II di Francis Ford Coppola, Il grande Gatsby di Jack Clayton, Mezzogiorno e mezzo di fuoco di Mel Brooks e C’eravamo tanto amati di Ettore Scola.
Ora, siamo soliti a dire che il prodotto cinematografico statunitense non ha rivali in quanto a budget e mezzi adoperati nel campo tecnico, così come il suo consolidato ed affermato star system. Tuttavia, sul suolo nazionale in quegli anni abbiamo avuto grandi registi come Commencini, Germi, Risi, Scola, Leone, Bertolucci (solo per darvvi qualche nome) che davano filo da torcere al di là delle Alpi e non solo. Ma son proprio gli anni che hanno visto la fine del neorealismo e della grande commedia all’italiana ad aver avuto una grande impennata nel panorama dell’industria cinematografica nazionale. E C’eravamo tanto amati di Ettore Scola non è di certo da meno. Anzi, tutt’oggi rimane un baluardo e un vero proprio cult da scoprire e riscoprire ogni volta che lo si vede.
Tre uomini e una donna.
C’eravamo tanto amati ripercorre la storia di tre amici partigiani che hanno stretto la loro amicizia durante la liberazione. Con la fine della guerra Gianni (Vittorio Gassman), Antonio (Nino Manfredi)e Nicola (Stefano Satta Flores) prenderanno strade diverse. Gianni finirà gli studi in giurisprudenza a Pavia, Antonio riprenderà il lavoro di portantino in ospedale e Nicola diventerà insegnante a Nocera Inferiore. I tre però saranno legati nel corso degli anni da una figura femminile: l’aspirante attrice, appena trasferitasi nella capitale da Udine, Luciana (Stefania Sandrelli). La giovane ragazza arrivata a Roma conoscerà dapprima Antonio, e tra i due scatterà subito la scintilla…ma non appena Antonio si ritroverà alcuni mesi dopo con Gianni, ormai un avvocato affermato, sarà proprio l’amico a rubare il cuore di Luciana. E come se non bastasse, anni dopo anche Nicola subirà il fascino di Luciana, e anch’egli verrà ricambiato.
Insomma, le tre vite dei tre protagonisti verranno esplorate nel corso degli anni, partendo dalla liberazione fino ad arrivare agli anni settanta, proprio attraverso la figura cardine di tutta quanta la storia: Luciana stessa, vero agente movente dell’intera commedia amara messa in scena da Ettore Scola. Un intreccio di amori e disillusioni che regalano allo spettatore momenti esilaranti e al contempo riflessivi, come solo il grande Cinema è in grado.
Tre attori, un’attrice, un solo regista!
Ciò che traspare, è la naturalezza e l’amarezza di rivedere e scoprire gli eventi che più hanno cambiato l’Italia dal dopoguerra fino agli Settanta. La sceneggiatura di Age&Scarpelli, firmata insieme allo stesso Scola, è una garanzia per lo spettatore: feroce, ritmata al punto giusto e pregna di significati e sotto testi. Complice poi una regia innovativa che non si limita alla semplice successione d’immagini. Scola si impossessa della macchina da presa attuando trucchi metanarrativi che pongono in risalto la malinconia e la disillusione dei tre protagonisti.
La pellicola di Scola non avrebbe avuto la sua importanza se non fosse stato poi per il cast in completo stato di grazia: Gassman, Manfredi, Satta Flores e la Sandrelli. Attori che non solo rispecchiano l’immagine di un’intera comunità attraverso gli i decenni, ma portano con sé una storia che dapprima ti conquista per l’ironia e per la meraviglia. Ognuno dei tre protagonisti vive la propria battaglia, e quando sembra che abbia vinto, in realtà ha perso, poiché la pellicola vuole porre allo spettatore l’interrogativo, e anche il pensiero, secondo il quale il sacrificio spesso non porta al successo, ma all’adagiarsi sull’amarezza della vita. Siete d’accordo?
Ovvio che la risposta non ci viene data, ma gli sguardi teneri dei personaggi che vivono la scena a 360° comunicano allo spettatore un’energia, un’ironia e una presa di posizione che li porta a vivere una vita che non li soddisferà mai appieno.
L’eco di un Cinema che non ci sarà più (?)
Ettore Scola, propone al pubblico quello che vuol essere un omaggio al grande cinema italiano che fu, al suo neorealismo e alla grande commedia all’italiana. Il film infatti non nega allo spettatore alcuni grandi camei. Memoriale è quello di Federico Fellini intento a girare la celebre scena de La dolce vita (1960) con Marcello Mastroianni, mentre viene scambiato per Roberto Rossellini. O quello di Vittorio De Sica intento a raccontare un aneddoto del dietro le quinte di Ladri di biciclette (1948), il che sarà un nodo fondamentale per la linea narrativa del personaggio di Stefano Satta Flores. E come se non bastasse, il regista richiama a sé lo stesso Aldo Fabbrizzi dandogli un ruolo che fa l’occhiolino a quei suoi vecchi personaggi portati in scene nelle grandi commedie di Totò.
Il tutto diventa un grande esempio di riconoscenza verso i grandi protagonisti del passato, ma anche del presente. Ettore Scola nel film traspare quasi come un bambino che a bocca aperta osserva i grandi, non rendendosi conto di esserlo anche lui. Perché, con C’eravamo tanto amati, prende posto nel grande Olimpo del Cinema, non italiano…mondiale!