DUNE

Qui siamo un po’ di parte quando si parla di fantascienza, specie se targata Villenueve. L’arrivo in sala, il prossimo 28 febbraio, della seconda parte di Dune ci ha assolutamente resi entusiasti. Prendere parte all’anteprima, e potervene parlare già adesso, è un estremo piacere per noi di Lapiziaviews Magazine. Abbiamo amato la prima parte, ormai uscita nelle sale nel 2021, e ci siamo approcciati alla sala carichi di aspettative. Sentimenti che non sono stati per niente traditi da quella che consideriamo, a tutti gli effetti, un’opera d’arte.

Riprendiamo, quindi, le fila da dove la storia era stata interrotta: Paul Atreides (Timothée Chalamet) e sua madre (Rebecca Ferguson), dopo l’usurpazione del trono per mano del Barone Harkonnen (Stellan Skarsgård), trovano asilo tra i Fremen, i popolo autoctono di Arrakis. Avevamo già avuto modo di vedere Paul alle prese con le usanze della popolazione e adesso deve cercare di spingersi sempre più al loro interno per poter essere considerato uno di loro. Imparare usanze, modi, e lingua è necessario per poter essere riconosciuto dal deserto. Del resto, Chani (Zendaya) si mostra sempre meno ostile nei suoi riguardi e quei teneri sentimenti che avevamo avuto modo di vedere iniziano via via a sbocciare.

DUNE

Paul, però, è mosso da un grande sentimento di vendetta e vuole riprendersi Arrakis giustiziando gli aguzzini del padre. Compito non di certo facile, ma che è segnato da un grande destino che incombe su di lui con sempre maggiore pressione. Se, da una parte sua madre ricopre il ruolo di Reverenda Madre; dall’altra il suo cuore continua a battersi tra le paure di visioni frammentate del futuro e scelte da dove necessariamente compiere. In questo modo, attraverso l’emotività di Paul e grazie ai personaggi che gli ruotano intorno, si ha la possibilità di esplorare le differenti tematiche che Dune riesce a rendere sempre più attuali: politica e fanatismo religioso.

Nato dalla penna di Frank Herbert, nel 1965, l’opera di Dennis Villenueve riesce a sondare e a restituire perfettamente l’immaginario creato dallo scrittore. Con la prima pellicola, infatti, si erano prese le giuste misure per poter riuscire a costruire una solida base alle spalle dei futuri risvolti. Una struttura che fosse in grado di non lasciare il minimo dubbio nello spettatore, così che qui potesse godersi l’addentrarsi nel vivo dell’azione.

Qui si muovono, ancor di più, le corde della predestinazione. Ci si muove tra scritture e profezie, andando alla ricerca dell’eletto che libererà il popolo dei Fremen dalla tirannica oppressione imperiale. Un ruolo non facile da accettare per il nostro Paul che, come già detto, dovrà muoversi tra i dissidi del suo cuore e del suo animo. Un peso che grava sulla sua coscienza e che lo spinge a dover accettare quel potere che tanto si è ostinato a rifiutare. Proprio attraverso questa ostinazione nasce il sentimento tra lui e Chani, un amore che avevamo avuto semplicemente modo di intuire, ma che qui diviene una sorta di scissione tra ciò che deve essere fatto e ciò che si vuol fare. Una scelta tra cuore e destino.

“Dune parte due” è sicuramente definibile come: esplosivo. La musica, la fotografia, così come le performance attoriali portate in scena, riescono a colpire i sensi dello spettatore in modo da poter riuscire a saggiare argomenti fin troppo familiari alla nostra modernità. La Guerra Santa che incombe su Dune, infatti, è sempre più un chiaro parallelismo alla nostra memoria (non tanto passata) storica. Simboli di credi che si sono susseguiti nel corso del tempo e che si sono scontrati per la ricerca del potere. Elementi che prendono vita tramite i costumi che avevamo già avuto modo di vedere nella prima parte.

DUNE

I colori legati a questo mondo inseriti non solo nel background, ma anche nei costumi, conferiscono un ulteriore potere comunicativo alla scena. I toni caldi delle dune vengono contrapposti all’asetticità del bianco e nero degli Harkonnen. Così come l’argento diviene armatura imperiale che contrasta con la semplice stoffa dei Freman. Il rosso, nelle sue diverse sfumature, si scontra col nero delle donne Bene Gesserit; così da poter segnare il netto distacco tra vecchio e nuovo culto.

Al cast corale, già largamente apprezzato, sono state aggiunge delle piccole perle attoriali. E noi non possiamo fare a meno di evidenziare la bravura di Austin Butler nel portare in scena tutta la sociopatia del suo Feyd-Rautha Harkonnen. Un personaggio interessante sotto innumerevoli punti di vista che riesce a incutere timore grazie al suo sorriso e al suo sguardo. I primi piani su di lui, specie quelli de-saturati o in bianco e nero, calcano la mano sulla rappresentazione dei frammenti della sua psiche. La sua crudeltà è palpabile, tanto quanto l’attesa dello scontro diretto con Paul.

Dune è qualcosa di familiare, ma allo stesso tempo riesce a dare allo spettatore un qualcosa di nuovo. Una spezia che riesce a rivoluzionare una cucina già nota, specie per gli amanti del genere. Elementi che riescono a risuonare chiari nella mente del pubblico che, qui, si mescolano a un ritmo un po’ più conciso del precedente capitolo. Del resto, una volta costruito il mondo ci si può addentrare nei suoi meandri per poterlo demolire pezzo dopo pezzo, così da poter fornire nuovi dettagli ed emozioni sempre differenti. Noi restiamo in attesa del prossimo capitolo, ma vi consigliamo caldamente di correre in sala per poter vedere questo capolavoro.

di Lapizia

Guardo troppi film e parlo troppo velocemente, ma ho anche dei difetti!

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