I Bananastereo sono appena approdati alle orecchie. Pochi giorni fa, il 21 marzo, è arrivato sulle piattaforme digitali il primo singolo della nascente band romana: “Ogni Dio che ho”. Quattro giovanissimi ragazzi che stanno cercando la loro dimensione nel mondo e che stanno tentando di metter su un progetto indipendente.
Il frontman è una vecchia conoscenza di queste pagine, stiamo difatti parlando di Diego Tarelletto De Falco, in arte Mezkal. Al suo fianco troviamo: Matteo Guerra, alla chitarra; Dennis Anzalone, al basso; e Francesco Petrucci, alla batteria.
“Ogni Dio che ho” è un brano in cui riverbera tanto la giovane età dei membri della band. Un testo che ha il sapore del pentimento e un giro di accordi che manifesta tutta la voglia di guardare verso un nuovo futuro. Un primo passo per poter cercare qualcosa di nuovo, un’unione che deve essere rodata e consolidata, ma che sembra avere delle basi interessanti con la quale partire.
“Questa notte sembra sparire
lei non mi parla mi vuole morto
scopo solo le sue ex amiche
perché hanno ancora il suo odore addosso
tra la droga e il mal di testa
ad una festa di merda
sei sale su una cicatrice
amore sei come Venezia
fumi tabacco e menta
ma prima o poi vorrai sparire”
Il brano si apre con un senso di dissoluzione, una notte che sembra svanire nel nulla, riflettendo un vuoto interiore profondo. La presenza dell’altra persona è ingombrante anche nel silenzio: non parla, ma il suo distacco è tanto intenso da sembrare una condanna. La voce di Diego scandisce tutto il suo potenziale autodistruttivo, in una relazione che non ha di certo esiti positivi. Lei lo vuole morto, ma lui di certo non fa nulla per farsi perdonare. Il confronto con altre esperienze è incarnato dalla figura delle “ex amiche” di lei. Il segno di una fiducia tradita che viene sempre meno, nonostante la prossimità delle stesse. È un gesto dettato dal dolore e dall’incapacità di lasciar andare, una lotta interiore tra il desiderio di dimenticare e l’impossibilità di farlo.
Il contesto in cui si muove è caotico e alienante: una festa priva di senso, segnata dall’abuso di droghe e dal mal di testa che ne deriva. Qui, il sentimento di sofferenza si amplifica, paragonando la persona amata a “sale su una cicatrice”, un simbolo di un dolore che non smette di bruciare.
L’amore è poi accostato a Venezia, una città tanto affascinante quanto fragile, destinata a sprofondare lentamente. Metafora che restituisce l’immagine di una relazione intensa, ma condannata a dissolversi.
“E farà male solo a me
stanotte stanotte
e poi
più forte più forte
deluderò
ogni dio che ho
e poi darò la colpa a te
stanotte che a volte
sei le
mie colpe stanotte
deluderò
ogni dio che ho”
La notte diventa il palcoscenico della sofferenza personale, un momento in cui tutto si amplifica e ogni emozione viene vissuta con maggiore intensità. Se, però, da una parte l’espressione “più forte, più forte” suggerisce un crescendo emotivo, dall’altra parte diventa il chiaro simbolo dell’unione carnale. Una lotta interiore tra ciò che sarebbe giusto non fare e il cedimento della carne. Il mero desiderio, qui, si mescola al senso di colpa profondo. Il testo diventa chiaro e la delusione ogni “dio” in cui ha creduto diventa tangibile. In questo modo, è come se avesse perso ogni guida morale o spirituale, smarrendosi completamente nel proprio tormento.
Tuttavia, il dolore non è vissuto in solitudine. Nell’oscurità della notte, l’altra persona diventa quasi una personificazione delle colpe e dei rimpianti. La responsabilità viene riversata su di lei, come se il peso della sofferenza fosse troppo grande per essere portato da solo. È una dinamica di amore e risentimento, in cui il bisogno di trovare un colpevole si scontra con la consapevolezza della propria autodistruzione.
“E continui a mancarmi
non posso più ignorarti
per tutti quanti i drammi
che lasci in me
rivoglio indietro gli anni
che ho passato a guardarti
siamo solo due sbagli
siamo io e te”
Infine arriva la consapevolezza: tutto quello che c’è stato non ci sarebbe dovuto essere. Il dolore si mescola al rimpianto, il male diventa più forte e la presa di coscienza è inevitabile. Stare insieme non è sempre possibile e questo si concretizza nel cercare di voler cancellare il tempo passato insieme. Però, dalla delusione, ne deriva crescita. “Siamo solo due sbagli”, eppure si è voluto vivere quel sentimento fino al suo più grande ed esaustivo esaurimento.
Che una notte sola possa bastare a metter un punto a tutto ciò che si è provato? Beh questa canzone riesce perfettamente ad esprimere rimorso e rimpianto.