Walter Salles torna dietro la macchina da presa con Io sono ancora qui. Un intenso dramma storico che fonde il personale con il politico, raccontando una storia di resistenza familiare nella morsa della dittatura militare brasiliana. Basato sul libro di memorie Ainda Estou Aqui di Marcelo Rubens Paiva, il film ripercorre la vicenda di Eunice Paiva (Fernanda Torres). La donna è costretta a reinventarsi e a lottare per la giustizia dopo la scomparsa forzata del marito Rubens Paiva (Selton Mello) nel 1971. Salles trasforma questa tragedia privata in un’opera universale, capace di toccare corde profonde e offrire un ritratto vivido di un’epoca di oppressione e coraggio.
![Io sono ancora qui](https://i0.wp.com/www.lapiziaviewsmagazine.it/wp-content/uploads/2025/02/copertine-articoli-9.png?resize=640%2C336&ssl=1)
Il film si apre con scene di quotidianità familiare, mostrandoci la famiglia Paiva immersa in una routine scandita da affetto e ironia. Un rifugio precario nell’incubo politico che si sta abbattendo sul Brasile. La tensione, tuttavia, è palpabile fin dall’inizio. La bellezza di Rio de Janeiro, con le sue spiagge e i suoi colori vividi, è costantemente minacciata dalla presenza inquietante dei convogli militari e dai controlli arbitrari della polizia. La tragedia si consuma in un giorno come tanti, quando uomini armati irrompono in casa e portano via Rubens per un interrogatorio. Da quel momento, Eunice si trova a dover affrontare non solo il dolore della perdita, ma anche la necessità di proteggere i propri cinque figli e di portare avanti una battaglia contro l’oblio imposto dal regime.
Uno degli aspetti più riusciti di Io sono ancora qui è la sua capacità di rappresentare la vita sotto una dittatura. Una lente che mostra non solo le violenze e le ingiustizie, ma anche la banalità del male. Il terrore si insinua nei gesti più semplici, nella paura costante di essere osservati, nei momenti di silenzio carichi di presagi. Salles utilizza una regia sobria e classica, evitando il sensazionalismo e puntando invece su un realismo empatico che amplifica il dramma umano. L’uso di fotografie e filmati in Super 8 da parte della famiglia diventa un leitmotiv visivo e tematico: la memoria come atto di resistenza, il bisogno di documentare per evitare che la storia venga riscritta o cancellata.
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Fernanda Torres offre un’interpretazione straordinaria, tratteggiando una Eunice Paiva di rara intensità: fragile e determinata, spezzata dal dolore ma mai vinta. La sua performance è il cuore pulsante del film, capace di sorreggere anche i momenti in cui la narrazione si appesantisce. Infatti, se da un lato il film conquista con la sua sensibilità e la sua forza emotiva, dall’altro si dilunga forse eccessivamente con due salti temporali – uno nel 1996 e l’altro nel 2014 – che, pur offrendo una chiusura più ampia alla storia, rischiano di spezzarne il ritmo. Il primo salto temporale regala una conclusione soddisfacente, ma il secondo appare meno incisivo, quasi superfluo.
Dal punto di vista visivo, Io sono ancora qui è impeccabile: la ricostruzione del Brasile degli anni ‘70 è dettagliata e suggestiva, con una fotografia che bilancia sapientemente luci e ombre per riflettere il contrasto tra il calore della famiglia Paiva e il gelo del regime. La colonna sonora accompagna con discrezione la narrazione, rafforzando i momenti più struggenti senza mai risultare invasiva.
Salles, che da adolescente era un amico della famiglia Paiva, realizza un film profondamente sentito e partecipe, rendendo Io sono ancora qui non solo una denuncia storica, ma anche un tributo commovente a una donna straordinaria e alla sua famiglia. La sua forza sta nell’equilibrio tra il racconto privato e quello collettivo, nel ricordarci che la memoria è un’arma potente contro l’oblio. Pur con qualche piccolo difetto, questo film rimane un’opera intensa e necessaria, capace di commuovere e di far riflettere.
Da vedere in sala da giovedì 30 gennaio, distribuito da BIM Distribuzione.