La recensione di “Saltburn”, il film di Emerald Fennall con Barry Keoghan e Jacob Elordi

"Saltburn"

Ancora una volta, attraverso il cinema di Emerald Fennell, ci muoviamo all’interno della critica sociale. Dopo aver scritto e diretto “Una donna promettente”, la Fennell torna alla carica mostrando il vuoto cosmico che divaga tra le personalità che vivono a “Saltburn”.

Dopo un arrivo un po’ in sordina nella diciottesima edizione della Festa del Cinema di Roma, la pellicola è arrivata su Prime Video suscitando l’interesse del pubblico grazie al suo cast corale. Barry Keoghan e Jacob Elordi incarnano i due estremi di una dicotomia: da una parte il desiderio malevolo; dall’altra una vacua opulenza con una grande anima. Disprezzo e genuino affetto si dispiegano nelle azioni dei suoi protagonisti rivelando un’aspra critica ne riguardi di un mondo sempre più decadente.

"Saltburn"

Siamo a Oxford, nel 2006, Oliver (Barry Keoghan) arriva in un terreno totalmente nuovo e da esplorare. Un luogo in cui egli è l’emarginato etichettabile come “lo sfigato”. Un ruolo che, però, gli sta stretto perché ambisce ad entrare nella cerchia dei “golden boy”. Dall’altro lato di questo continuum, infatti, vi è Felix (Jacob Elordi): uno degli studenti più amato e ambito di tutto il college. Qui si svela una dinamica di ostracismo e di inclusione tipica dei film “liceali” perché per via delle sue umili origini Oliver fatica molto ad integrarsi nel corpo studentesco. Il ricco e popolare Felix, di conseguenza, si rileva essere una preda fin troppo facile da poter raggiungere. Lui, al contrario dei suoi compagni o dei suoi stessi familiari, è permeato da una genuina bontà tanto che diventa immediatamente amico del ragazzo.

Felix vuole aiutarlo, vuole offrirgli il suo supporto e lo difende anche quando Oliver non è presente. Il rapporto tra i due si consolida abbastanza da spingerlo ad invitare nella sua residenza a Saltburn Oliver per poter passare insieme le vacanze estive. Li può conoscere la ricca ed eccentrica famiglia del ragazzo, un contesto in cui si palesa tutta la vacua bolla che permea le loro fragili personalità. Dialoghi qualunquistici costituiti per lo più da gossip spiccioli e un’ostentazione di ricchezza e di perbenismo. A Saltburn sono soliti accogliere gli “animaletti” domestici che Felix porta con sé dal college. I suoi genitori sono soliti dare accoglienza a chi è meno agiato di loro, quasi a voler ripulire la coscienza di tutti gli sprechi e di tutto lo sfarzo che mettono in scena.

"Saltburn"

Se da una parte, come abbiamo già avuto modo di accennare, Felix rappresenta una genuina bontà; dall’altra parte abbiamo la malizia e l’ossessione che Oliver sviluppa nel corso della storia. Del resto, il finale rileva i machiavellici intenti che si nascondevano dietro le azioni di Oliver fin dal primo istante. Lui che stava in una sorta di “zona grigia”: non troppo ricco, ne troppo povero; ambisce quindi a una sorta di riscatto. Ogni sua più piccolo agire è mosso dall’amore e dall’odio che prova nei riguardi di questa vita patinata e Felix non è altro che il simbolo di ciò che Oliver non è.

Il male si incarna sotto differenti aspetti e, in questo caso, si nasconde dietro l’ambizione e l’ossessione provate da Oliver. Il suo desiderio di essere il “tipo ambito” è tanto carnale quanto grottesco e ciò si evolve nel corso della sceneggiatura. Elementi di dialogo, così come la contrapposizione che il suo carattere ha rispetto a quello della famiglia che lo ospita, fanno emergere questa continua dicotomia. Oliver è intelligente, sadico e ambizioso e le parole di “Murder on the dancefloor” rappresentano perfettamente tutti i suoi successi. Lui deve giocare le giuste carte e imparare le regole del gioco per poter essere “l’animaletto” che sopravvive all’opulenza e lo fa più che egregiamente.

"Saltburn"

Il modo con cui tutto ciò si unisce al sangue, inoltre, rende il tutto ancor più carnale. Le scene di sesso, ancor di più di qualsiasi altro istante, fanno capire quanto egli sia disposto a perdere per poter ottenere. Il sangue, in questo modo, si mescola alla droga e alla perdita; simboli di quei passi che segnano il suo cammino verso la totale perdizione.

Oliver, quindi, dissacra e smembra il potere seppellendo i corpi di quella famiglia alla quale si era prostrato. Dissacra il luogo che tanto ha ambito a possedere ballando nudo tra le sue pareti. Possiede, più o meno metaforicamente, i corpi di chi lo ha abitato prima di lui e ne fa quel che vuole. Rinuncia alla sua anima per trionfare davanti la falsità a cui tanto ha fatto da spettatore.

di Lapizia

Guardo troppi film e parlo troppo velocemente, ma ho anche dei difetti!

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