Lee Miller, l’ultimo film con Kate Winslet come protagonista che non solo recita, ma ha anche prodotto il progetto, offre uno sguardo ambizioso sulla vita della celebre fotografa, figura storica che ha documentato i momenti più crudi della Seconda Guerra Mondiale. Il film è diretto da Ellen Kuras e basato sulla biografia The Lives of Lee Miller di Antony Penrose. Presentato in anteprima al Toronto International Film Festival, arriva nelle sale italiane giovedì 13 marzo.
La pellicola ripercorre la trasformazione di Lee Miller da modella a corrispondente di guerra per Vogue, raccontando la sua esperienza sul fronte europeo e il modo in cui le sue fotografie hanno immortalato gli orrori del conflitto. Il racconto si sviluppa in due atti ben distinti: il primo introduce la vita di Lee Miller prima della guerra; il secondo, invece, si concentra sugli eventi bellici e sulle atrocità che Miller documentò, tra cui gli stupri perpetrati dai soldati sulle giovani donne locali. Questa è la parte più intensa e potente del film, ma arriva troppo tardi, dopo un primo segmento che allunga inutilmente i tempi narrativi.

Il problema principale del film è proprio il ritmo: la narrazione fatica a trovare un equilibrio, con un primo atto che si dilunga e un secondo che avrebbe meritato più spazio per esplorare la crudezza della guerra e l’impatto emotivo che ebbe su Lee Miller. A peggiorare questa gestione dei tempi contribuiscono numerosi flashback non sempre necessari. Queste digressioni spezzano il ritmo e riducono la forza del racconto, disperdendo la tensione emotiva e attenuando il senso di urgenza che la storia meriterebbe.
Sul fronte tecnico, Lee Miller si affida a scelte convenzionali senza mai osare. La colonna sonora di Alexandre Desplat, solitamente raffinata e innovativa, qui si limita a riciclare momenti drammatici già sentiti in altri film del genere, senza aggiungere nulla di particolarmente originale alla narrazione. La musica accompagna le scene senza risultare fuori luogo, ma non riesce a dare al film quella spinta emotiva che avrebbe potuto renderlo più incisivo.
Anche la fotografia e il montaggio non brillano per creatività: pur restituendo l’atmosfera dell’epoca, il film non sfrutta al massimo il potenziale visivo della storia di una fotografa di guerra, limitandosi a una messa in scena funzionale ma poco memorabile. In particolare, il già menzionato ricorso ai flashback finisce per distrarre e appesantire ulteriormente la narrazione invece di approfondire la psicologia della protagonista.

Kate Winslet offre una performance intensa e sfaccettata, riuscendo a trasmettere sia la fragilità che la determinazione di Lee Miller. Il suo impegno nel progetto si percepisce chiaramente e la sua interpretazione è il vero punto di forza del film. Tuttavia, la sceneggiatura e la regia non la supportano pienamente, lasciando la sensazione di un’opera che avrebbe potuto essere molto più incisiva.
Nonostante le debolezze stilistiche e strutturali, Lee Miller rimane un film importante per la storia che racconta. La figura di Lee Miller emerge comunque con forza, mostrando la sua determinazione nel documentare la verità, il suo coraggio nel testimoniare gli orrori della guerra e il peso emotivo che questa esperienza ha avuto sulla sua vita. È proprio questo aspetto che, nonostante la realizzazione non sia eccelsa, rende il film comunque meritevole di attenzione. Pur accontentandosi di soluzioni narrative e stilistiche già viste, senza riuscire a lasciare un segno indelebile, Lee Miller riesce comunque a mantenere vivo il ricordo di una donna straordinaria che ha cambiato il modo di raccontare la guerra.