L’esorcismo – L’ultimo atto

È arrivato, nelle sale italiane, il 30 maggio il nuovo film con protagonista Russell Crowe: “L’esorcismo – L’ultimo atto”. Una pellicola che, fin dai primi annunci sulla sua lavorazione, aveva destato molti sospetti. Gli amanti del genere, così come i fan dello stesso Crowe, non hanno ben compreso la piega spirituale che sembra star prendendo la sua carriera attoriale. Inoltre, considerato il poco successo avuto con “L’Esorcista del Papa”, i timori non erano del tutto infondati.

Ovviamente, però, non siamo davanti a un sequel quanto più davanti a un horror che non punta a prendersi troppo sul serio. Infatti, la giusta chiave di lettura di quest’opera si cela dietro al sua non troppo velata ironia.

“L’esorcismo – Ultimo atto” ci porta dietro delle quinte meta-cinematografiche facendoci addentrare nella dissoluta e consumata vita di un attore attaccato, un po’ troppo, alla bottiglia. L’attore Anthony Miller (Crowe) è intento a indossare i panni di un esorcista per quello che dovrebbe essere il ruolo rinascita della sua carriera. Assunto quasi come ripiego da uno “spietato” regista (Adam Goldberg), sembra quasi esser costretto a tirare fuori la propria intimità per poter essere aderente alla parte che deve interpretare. Ciò, inevitabilmente, comporta un’attenta riesamina di tutti i suoi errori e di tutti i traumi che aveva cercato di cancellare attraverso la dipendenza.

L’esorcismo – L’ultimo atto

Un’oscura presenza, però, incombe su tutto il set. Esattamente come le migliori leggende da dietro le quinte, strani incidenti iniziano ad accadere durante le riprese: luci che si accendono e si spengono, strane morti. Insomma, si è davanti a un’oscura presenza che non sembra aver nessun tipo di remora nel consumare chiunque stia lavorando al film.

Preso possesso, quindi, dell’anima all’apparenza più fragile; le dinamiche iniziano a complicarsi e intrecciarsi. Il tutto viene ricusato sulle spalle di Anthony che, costantemente controllato dalla figlia, sembra esser ricaduto nel vortice della dipendenza. La verità è che non ha praticamente più il controllo sulle proprie azioni e sulla propria volontà perché il demone fa leva su tutto ciò che di consumato c’è in lui.

L’esorcismo – L’ultimo atto

L’orrore, quindi, è sia manifesto che sottile. Si gioca moltissimo sulla riesamina dei propri peccati e sul perdono delle proprie colpe. Concetti assai familiari a una morale di stampo cristiano che, in questo caso, vengono attenzionati da traumi di natura meramente psichica. Un piccolo mix tra follia e possessione, per intenderci. Al contempo, però, la narrazione gioca tutte le sue carte non prendendosi sul serio. L’acceleratore viene spinto su una chiave citazionistica in grado di stemperare quella che potrebbe essere la tensione orrorifica.

Che dire? Eravamo entrati in sala più prevenuti di quanto non dovessimo essere. Il film è godibile, seppur prolisso in alcuni momenti narrativi, tanto che ci si chieda il perché dell’inserimento di alcune scene. Il ritmo è rilassato così come la tensione in sé perché ci si concentra molto di più sulla remissione dei propri peccati. Sicuramente è un’interessante scelta narrativa quella fatta da M. A. Fortin e John Miller. Quest’ultimo ha curato anche la regia oltre ad aver co-scritto sceneggiatura e soggetto.

In sostanza vi consigliamo di prendere questa pellicola un po’ alla leggera: mero intrattenimento con qualche spruzzata di terrore.

di Lapizia

Guardo troppi film e parlo troppo velocemente, ma ho anche dei difetti!

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