C’è voluto del tempo, non lo neghiamo, per poter assimilare ogni singola traccia di “The Freak Show”. Le parole per poter descrivere il lavoro di Diego Naska tardavano ad arrivare. Così giovane, eppure non ha cannato neanche un’uscita nella sua discografia. Un tre su tre meritatissimo perché riesce a diffondere il proprio cuore e le proprie avventure. Un circo, quello della vita, fatto di Punk tanto quanto di Ballad o di altri colori e generi. Un modo per poter trascinare sul palco, attraverso la propria maschera, la parte più vera di sé.
Mi scuserete se, nel parlare di ogni singola traccia, salterò “Pagliaccio”. Per quel pezzo il flusso di coscienza è già avvenuto e ripeterlo sarebbe superfluo.
Dieci sono le tracce che narrano questa avventura nello “strano”. Quindi dipingiamo la nostra faccia di bianco e infossiamo le nostre cuffiette.
E Mi Diverto
Se pensavate che l’intro perfetta potesse non esistere, beh vi sbagliavate. Il percorso che The Freak Show disegna è chiaro fin dalle sue prime note. Una batteria che scandisce il ritmo dei nostri cuori, una chitarra che apre la strada alla voracità di divertimento con cui si affronta una serata, un testo che fotografa indelebilmente quelle “notti da leoni” con annesse mattine “da cog*ioni”.
“Esco di casa solo per fare un macello
Ho un occhio nero, però lui sta messo peggio”
Non si sa neanche se ci si vuol realmente alzare dopo aver bevuto sei gin tonic, eppure eccoli li tutti i 27 anni di un ragazzo che palesa le sue intenzioni fin dal titolo del brano. Il punk, quello che in tanti gli criticano, quello che non dovrebbe avere regole; qui trova la propria zona confort. Una dimora fatta di feste e di macelli, di vestiti sparsi in giro e di persone dormienti in un angolino di cui non ci si ricorda neanche il nome. Migliorare? Perché farlo? La maturità di certo non si misura in base alla
Scappati Di Casa (62015)
Giuro che potrebbe essere colpa della mia dislessia, ma il CAP che leggo in questo titolo è 92019. Non mi posso prendere l’appello di “figlia di put*ana” perché vedo il lancio della ciabatta in via espressa dalla Sicilia al Lazio (qualora dovesse leggere questo articolo).
“Anche se spari, non li fermi quelli come noi”.
Ed eccoci qui, proprio con la frase che secondo me rappresenta al meglio questo testo. Un modo per poter, ancora una volta, puntare l’attenzione sui nostri sogni e su quella irresistibile voglia nel realizzarli. Non siamo fatti per un lavoro da otto ore, uno stipendio fisso e un conto in banca dall’entrata fissa. Viviamo il brivido e non per le ferie a metà agosto. Banalmente non ci ferma un proiettile, ma ci ucciderebbe l’idea di dover fare delle fotocopie.
Qui, viene definita la perfetta risposta a chiunque chieda “ma vuoi fare questo per tutta la vita?” Sì, al diavolo l’INPS e le ore di sonno mancate. Scappiamo da casa e viviamo la nostra vita da naif.
Berlino
Una delle canzoni che ha consacrato Naska a una effettiva conoscenza più generalista. Quella canzone da dover mettere a inizio serata per ricordarci quanto possiamo essere desiderati dai diavoli. Sperando, in ogni caso, di non dover portare realmente le arance a qualcuno.
In ogni caso, questo è l’unico feat presente all’interno dell’album. Uno dei pochi momenti di condivisione perché successivamente si cambia registro e arrivano le maggiori consapevolezze. Si è fatto festa per tutta la note, ma il giorno reclama la coscienza e la consapevolezza.
Non Me Lo Merito
“E non me lo merito
Che dopo tutto mi guardi così
Hai gli occhi che picchiano, stringono
Come duе mani sul collo
Giuro mi odio
E tu voltati”
Non ci sono altri modi per poter descrivere questo pezzo se non dal suo stesso testo. Fermo restando che parlerò di segni zodiacali, ma qui si sente tutto il lato cancro di Diego. Il sentirsi non in grado di accogliere l’amore che gli altri sono disposti a darci accettando i nostri errori, o quelli che consideriamo tali. Non esite forma di tradimento peggiore se non quando tradiamo noi stessi e ci rendiamo conto di averlo fatto. Qui vi è proprio questa ammissione di colpa, forse un po’ vittimistica per le orecchie di qualcuno, forse giusta o forse no. Ma resta comunque insieme alla domanda infondo al nostro cervello, dentro le nostre pare: “ma io starei con uno come me?”. Beh… la risposta non è di certo facile da digerire. Va, però, ricordato che anche quando ci sono cose che di noi non ci piacciono, qualcun altro potrebbe amarle.
La Mamma Di ****
I primi accordi, la pausa, il sorriso che si sente persino mentre le sta pronunciando quelle parole. Un sound che viene direttamente da uno dei sequel di American Pie. Però, una volta rassicurati del fatto che questo sia solo una fantasia, chi siamo noi per dire di no?
Tutto di questa canzone suona come un bimbo colto a fare una marachella. Tutto vibra di fantasia e di sogni bagnati. “Scusa bro” un po’ dispiace pure a me. Anche perché, esperienza indiretta personale, a volte non è solo un POV.
Baby Don’t Cry
Penso che questa sia una delle prime canzoni che mi ha spinta a recuperare tutta la discografia di Diego. È vero, non riesco a ricordare un giorno preciso in cui ho deciso di iniziare ad ascoltarlo, ma tutto di questo testo è maledettamente familiare.
Io che vorrei vivere in una stupida commedia americana, qui siamo praticamente al secondo atto. La canzone perfetta per quando lui delude lei, dopo aver passato la fase dei primi baci. Infondo, però, sappiamo tutti che alla fine di quei novanta minuti i due finiranno insieme. Riesco perfettamente a vedere, attraverso questa canzone, le scene della mia personale sceneggiatura scritta su di me e crush.
Diego, va ammesso, hai un super potere: farci sentire eternamente giovani e fottutamente innamorati.
Piccolo
È vero, di questa canzone Diego ne ha parlato in diverse interviste. Ma le sue parole mi sono risuonate tanto dentro. Piccolo è stato lo spoiler che ci ha concesso al termine del concerto qui a Roma, per lo Spring Attitude Extra, mentre chiedeva di andare in vacanza. Non ho mai visto un’ipotetica lei in queste parole, ma proprio la più profonda amicizia. Quell’incapacità di dormire da soli nel proprio letto, ma esser consolati dall’idea di avere qualcuno nella stanza accanto. Un coinquilino, banalmente. Un fratello scelto, specie quando si è lasciata casa e ci cercano le coordinate.
“Ma resta qui ancora un po’
Ancora un po’
Non sai a me quanto costa dirtelo
So che dirai no
E io mi sentirò così piccolo”
In ogni caso, quando ci si vuole bene sul serio, bisogna saper lasciare andare. Costa dire quanto si vorrebbe poter stare con l’altra persona. Brucia la profondità dell’animo, perché ci si sente piccoli e incapaci di agire e reagire. Una confessione intima, profonda, una necessità.
Corona Di Spine
“In un mondo di merda
Dove si nasce e si muore
Perché devo essere io il migliore?
Lasciami perdere
Lasciami perdere
Non sono un modello da seguire
Morto con la corona di spina dorsale
Madre, prega per me”
Ecco che esce fuori il lato punk di Diego. L’intera redazione, soprattutto in questo brano, ringrazia vivamente la prestazione alla batteria di Paolo Gnani. Raga, non sarete dei modelli da seguire, ma questa è una canzone da vivere e da pogare sotto palco. Quindi indossa la tua corona di spine piccolo principe del punk, perché stai riuscendo a resuscitare un genere che sgomita per emergere davanti alla vacua vastità musicale di oggi. C’è davvero qualcos’altro da dover aggiungere?
Horror 2
E se viviamo in un mondo fatto di sequel e remake, chi siamo noi per non riviverci questo gore?
“E non cercarmi più
Prima chе sia perfetto
Io rovinerò tutto
È questione di tempo
È molto meglio per te
Lasciami perdere
Tanto rovinerò tutto
Tu hai solo un difetto
Che ti fidi di me”
Quasi una diretta continuazione di “Non Me Lo Merito” con la presa di coscienza di “Piccolo”. L’atto in cui, nella nostra dramady finiamo col vedere il cambiamento tangibile del protagonista. Una richiesta “quella di esser lasciati” perché forse, per impotenza, non si riesce a staccare quel legame che era stato sancito dall’amore. Del resto, avevamo avuto modo di sentire tutto questo dolore già in “Horror”, specie quando quelle metaforiche forbici venivano impugnate da Diego stesso e tagliavano quel “peso” per evitare di trascinarsi reciprocamente sul fondo. Purtroppo però, per quanto autosabotativi si possa essere, molto spesso quello stesso amore riesce nei suoi intenti e ci salva.
Ma come già detto “Horror 2” disegna perfettamente le sue scene più splatter e gore di sempre. Non ci si limita a un po’ di epistasi, ma siamo davanti a una vera e propria coltellata dietro la schiena. Una relazione che poteva sembrare un sogno, ma che al momento sbagliato ha quella capacità mutevole di divenire un film di Dario Argento.