La band Sanlevigo torna sulla scena con Piccoli Cannibali. Il nuovo tagliente singolo adagiato sui generi della new wave e del post-punk che spezzano il fiato a una routine killer.
Con Piccoli Cannibali, prodotto insieme a Jesse Germanò, i Sanlevigo offrono una spinosa denuncia della società contemporanea. Una realtà dominata dall’individualismo sfrenato e dalla perdita del senso di comunità. Il testo in prima persona racconta lo smarrimento vissuto negli ultimi anni e il crescente distacco tra le persone. Si enfatizza come, di fronte a eventi ingovernabili come la pandemia, l’uomo non sia stato in grado di sviluppare empatia. La band descrive un mondo freddo e frammentato, in cui chi prevarica il prossimo finisce per trasformarsi in cannibale.
Chitarra distorta e synth, a sancire l’inizio di questo brano. Un ritorno in grande stile per i “San Levigo” che, con “Piccoli Cannibali”, esplorano nuovi orizzonti. La voce ci porta da subito in un universo alternativo, nel quale l’uomo lotta per la propria sopravvivenza.
Le pareti bianco sporco definiscono la mia realtà
La scelta di parlare di “pareti bianche” non è affatto casuale. E’ questo colore, infatti, che rappresenta uno spazio vuoto, in un tempo indefinito. In queste parole si percepisce una specie di attesa o, più che altro, la speranza che qualcosa arrivi a sconvolgere la tremenda quotidianità che si è costretti a vivere. E’ un’immagine d’impatto, in grado di balzare dinnanzi agli occhi di chi ascolta queste parole.
La mia insonnia è un alleato che dimostra la sua fedeltà
Dalle pareti si passa alle emozioni. L’insonnia, ossia la difficoltà nel dormire o incapacità che dir si voglia, è una di quelle sensazioni perenni, un’ombra che avvolge chi la prova. Spesso, infatti, è possibile collegarla a stati d’umore alterati o a difficoltà nel condurre la propria vita. In questo caso, nello specifico, in un mondo a dir poco distopico e complesso, essa si fa largo con tutto il suo bagaglio di negatività, aumentando ansie e paure. Unendo gli elementi si percepisce il disagio provato, dai luoghi alle percezioni. Ogni cosa, infatti, sembra parlarci di un qualcosa di incontrovertibile o, perlomeno, molto difficile da invertire.
Mentre il sole fuori nasce, muore, nasce
La costante ripetitività delle azioni. Parlando del sole, che ogni giorno ripete il suo ciclo, si vuole portare il pensiero sul fatto che nulla cambia, non c’è mai un vero e proprio svolgimento che determini una rotta diversa. E’ proprio ciò che si vuole trasferire: l’essere umano che rimane fermo, incapace di reagire, mentre lì fuori ogni cosa segue il suo inesorabile corso.
Nessun prigioniero e nessun risveglio
Senza un cielo a cui rivolgersi
Solo nell’odio cullo il mio sonno
Ritorneranno bestie gli uomini
In ogni piccola porzione di testo si riescono a cogliere indizi, dettagli sul fatto che l’uomo, considerato in senso lato, è assuefatto a questa condizione ma, al contempo, si vuole vedere un barlume di “luce” alla fine di questo immenso tunnel.
Il futuro rallenta
Il presente impedisce ogni fuga
L’era del COVID e l’isolamento sociale. Mai l’essere umano si era ritrovato in una condizione del genere, senza rapporti umani o obbligato a ridurli al minimo. In questa situazione, lo si è visto, l’intera popolazione mondiale è andata in crisi, senza capire se ci sarebbe stato un qualche futuro o, ancora peggio, se si sarebbe riusciti a sopravvivere a questa terribile piaga.
La voce arrabbiata ma, al tempo stesso melodica, del cantante riporta alla mente i primi “Subsonica”. Anche l’accompagnamento degli strumenti musicali, tra il new wave e l’elettronico, ci offre nitide sensazioni forti, in modo da intensificare ancora di più il senso di questo brano.
Un esperimento ben riuscito da parte di questa band, in grado di dire quanto siano fragili gli esseri umani, nel loro essere così imperfetti, e di parlare di un modo che tutti, in qualche modo, sono costretti a fare i conti.