“Play”: la bussola di Bonelli per chi vive (o sogna) la musica oggi

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“Play” di Massimo Bonelli è un libro prezioso per chi vuole comprendere davvero la musica contemporanea. Non soltanto per chi sogna di farne una professione, ma anche per chi osserva il settore da vicino, tra streaming, algoritmi e narrazioni social. Presentato il 6 aprile alla Galleria delle Arti di Roma, il volume (pubblicato da ROI Edizioni) si propone come una guida chiara e accessibile. Un libro pensato per orientarsi in un mondo in continuo movimento, in cui le regole cambiano spesso e in fretta.

Bonelli, con oltre venticinque anni di esperienza come produttore, manager e direttore artistico, affronta il racconto dell’industria musicale con uno stile diretto e concreto. Tra dati, esperienze personali e riflessioni aperte, costruisce un testo che può essere utile sia a chi è alle prime armi sia a chi cerca di aggiornare la propria visione. I paragrafi brevi, il tono colloquiale e la chiarezza espositiva rendono “Play” una lettura scorrevole, mai eccessivamente tecnica, capace però di andare in profondità.

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Durante la presentazione romana, Bonelli ha condiviso riflessioni molto personali, parlando anche del modo in cui la sua traiettoria si è trasformata nel tempo. Dal ruolo di musicista a quello di mentore, passando per momenti di crisi e rinascita. Il punto di svolta? La scoperta dell’arrivo di un figlio, che ha cambiato il suo modo di vivere il fallimento e di restituire valore all’esperienza, anche al di là della visibilità o del successo immediato.

Il libro affronta con lucidità alcune delle tematiche più attuali dell’industria musicale: l’impatto dei social, la centralità dell’immagine, la sovrapproduzione quotidiana di brani, la necessità di distinguersi in un mare di contenuti. Oggi non basta più la qualità musicale: servono una narrazione autentica, una presenza digitale consapevole, la capacità di costruire un progetto che vada oltre il singolo pezzo virale.

Non manca una riflessione articolata sull’intelligenza artificiale. Bonelli ne riconosce i potenziali benefici, senza sottovalutare le implicazioni etiche e i rischi. L’approccio è equilibrato: la tecnologia può essere uno strumento creativo. In ogni caso, va regolamentata e inserita in un contesto di responsabilità. È un cambiamento che va compreso e guidato, non subito.

“Play” non si propone come la risposta definitiva a tutte le domande del settore, ma offre spunti concreti, domande giuste e una prospettiva esperta che può aiutare a orientarsi meglio. È una lettura che stimola il confronto, che invita a fermarsi un momento e a chiedersi: quello che sto facendo lascia davvero un segno? In un’epoca di rumore costante, avere il coraggio di rallentare per capirsi — e capirci — è già un primo passo.

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di Lapizia

Guardo troppi film e parlo troppo velocemente, ma ho anche dei difetti!

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