Angelina Jolie torna alla regia con Senza Sangue, adattamento dell’omonimo romanzo di Alessandro Baricco. Il film, con protagonisti Salma Hayek e Demián Bichir, si concentra sul peso della vendetta e sulle cicatrici invisibili lasciate dalla guerra, portando avanti un racconto che oscilla tra passato e presente.
Trama: una storia di vendetta e riconciliazione
In un luogo non precisato, agli inizi del XX secolo, la tranquillità di una fattoria isolata viene spezzata dall’arrivo di tre uomini armati in cerca di vendetta. Il loro obiettivo è Manuel Roca, un medico che viene brutalmente assassinato insieme al figlio, mentre la figlia più piccola, Nina, riesce a nascondersi e a sopravvivere. Tra gli assassini c’è Tito, il più giovane del gruppo, che trova la bambina ma decide di risparmiarle la vita.
Decenni dopo, Nina (ora interpretata da Salma Hayek) rintraccia Tito (Demián Bichir), diventato un venditore di biglietti della lotteria, e lo affronta in un lungo dialogo fatto di tensioni irrisolte. Quel che sembra un incontro casuale si trasforma presto in un confronto carico di non detti, dove vendetta e perdono si intrecciano senza mai trovare una vera conclusione.
Una regia claustrofobica e un racconto ripetitivo
Jolie sceglie di raccontare Senza Sangue su due piani temporali. Affida il movimento dell’azione ai ricordi e lascia invece il presente bloccato in una lunga conversazione tra Nina e Tito. La macchina da presa si concentra quasi esclusivamente sui primi piani dei due protagonisti, creando un effetto claustrofobico che, invece di amplificare l’intensità emotiva, rende il film statico e privo di slancio narrativo.
Se il prologo, con l’assalto alla casa di Manuel Roca, è la parte più riuscita grazie a una fotografia suggestiva e a una tensione palpabile, il resto del film soffre di un ritmo lento e ripetitivo. La continua alternanza tra dialoghi fitti e flashback spezza il coinvolgimento dello spettatore, rendendo la narrazione poco fluida e priva di veri momenti di svolta.

Salma Hayek brilla, ma non basta
Nel ruolo di Nina adulta, Salma Hayek offre una performance intensa, cercando di dare profondità a un personaggio scritto in modo piuttosto didascalico. I suoi sguardi carichi di emozione e la sua gestualità riescono a mantenere viva l’attenzione, nonostante la ripetitività delle scene. Demián Bichir, invece, appare meno incisivo: il suo Tito rimane un personaggio opaco, privo della complessità necessaria per sostenere il cuore emotivo del film.
Nei flashback, gli attori più giovani risultano meno convincenti. Le loro interpretazioni, unite a un’estetica che a tratti ricorda una campagna pubblicitaria Dolce e Gabbana, non aiutano a rendere credibile il contesto. Il filtro giallastro che pervade il film sembra una scelta stilistica discutibile. Un espediente ormai abusato per indicare un’ambientazione vagamente “latina” o “esotica”, senza una vera giustificazione narrativa.
Una colonna sonora invadente e una sceneggiatura che non decolla
Uno degli aspetti più problematici del film è l’uso eccessivo della colonna sonora di Rutger Hoedemaekers, che accompagna quasi ogni scena con un’insistenza che toglie spazio al silenzio e alla naturalezza del racconto. La musica, anziché sottolineare i momenti più intensi, finisce per appesantire ulteriormente un film già carico di dialoghi esplicativi.
A livello di sceneggiatura, l’adattamento di Jolie segue fedelmente il romanzo di Baricco, ma non riesce a tradursi in un linguaggio cinematografico efficace. La mancanza di una vera ambientazione storica e geografica – un non-luogo e un non-tempo – può essere letta come una scelta universale. Finisce, però, per rendere il film privo di una vera identità.
Un esperimento ambizioso ma poco riuscito
Senza Sangue aveva il potenziale per essere un dramma intenso e coinvolgente, ma la sua esecuzione lo rende un film freddo, distante e ripetitivo. Se da un lato, Angelina Jolie dimostra ancora una volta un buon occhio per la regia. Dall’altro, la sua scelta di costruire il film su lunghi dialoghi statici e flashback poco incisivi finisce per appesantire il racconto.
Un’opera che riflette sul trauma e sulla vendetta, ma che non riesce a trasmettere l’intensità emotiva necessaria per lasciare il segno. Dal 10 aprile al cinema con Vision Distribution.