Con The Studio, Seth Rogen ed Evan Goldberg tornano a collaborare per una satira tagliente sull’industria cinematografica. Il duo racconta le disavventure di un dirigente di studio che cerca di coniugare ambizione artistica e imperativi commerciali. Disponibile su Apple TV+ dal 26 marzo 2025, con i primi due episodi rilasciati contemporaneamente e nuovi episodi ogni mercoledì fino al 21 maggio. La serie si inserisce nel filone delle produzioni che ironizzano su Hollywood, ma lo fa con un approccio inedito. Invece di concentrarsi su registi, attori o troupe tecniche, punta lo sguardo sulle difficoltà di un dirigente di alto livello, diviso tra la necessità di realizzare film redditizi e il sogno di portare avanti un cinema d’autore.
La storia: un dirigente tra arte e business
Il protagonista è Matt Remick (interpretato da Rogen), un produttore che si è costruito una carriera grazie al successo della saga MK Ultra, un franchise da miliardi di dollari. Matt non si vede solo come un uomo d’affari: ama il cinema, supporta i registi più visionari e sogna di coniugare il grande spettacolo con l’autorialità. Quando viene nominato presidente dei Continental Studios, decide di provare l’impossibile: coniugare il grande spettacolo con il cinema d’autore, sfidando le logiche di un’industria sempre più schiava del marketing e dei sequel.
Oltre a lui, la serie introduce un variegato gruppo di collaboratori, ognuno con le proprie ambizioni e frustrazioni. Sal Seperstein (Ike Barinholtz), il suo migliore amico e vice, avrebbe voluto il suo stesso posto e ora lo pressa per film più commerciali. Quinn (Chase Sui Wonders), ex assistente diventata esecutiva creativa, sogna di realizzare progetti più artistici. Non è però ancora riuscita a far approvare un solo film. Maya (Kathryn Hahn), la responsabile marketing dello studio, deve trovare il modo giusto per vendere qualunque progetto, anche il più assurdo. Amy (Catherine O’Hara), ex presidente dello studio e mentore di Matt, continua a dargli consigli nonostante sia stata licenziata.
Una regia vivace, ma una scrittura con dei limiti
Rogen e Goldberg dirigono tutti e dieci gli episodi, riuscendo a dare a ogni capitolo un’identità visiva distinta. Rogen e Goldberg adottano una regia dinamica, con lunghi piani sequenza che seguono il protagonista attraverso uffici, red carpet e set cinematografici. Permettendo, in questo modo, un immersione dello spettatore nell’atmosfera frenetica di Hollywood. Girare su location reali di Los Angeles, come gli studi di posa, i ristoranti esclusivi o i set cinematografici, contribuisce a creare un senso di autenticità che rende il tutto ancora più coinvolgente.
A livello di tono, The Studio mescola diversi registri comici: dall’umorismo slapstick a battute taglienti sul mondo dello spettacolo. Con, inoltre, scene di puro cringe comedy, in cui il disagio dei personaggi è amplificato da dialoghi volutamente assurdi.
Questa varietà di approccio alleggerisce uno dei punti deboli della serie: la struttura di ogni episodio è ripetitiva e sempre più prevedibile, con Matt che ogni volta si immischia troppo nei processi produttivi, ignora i segnali d’allarme e finisce per peggiorare la situazione fino a livelli assurdi. Purtroppo, rimanere ancorati a questo schema influenza negativamente anche la storia dei personaggi secondari. Pur mostrando scorci delle loro vite private, la scrittura di The Studio preferisce mantenere il focus esclusivo sul caos lavorativo di Matt, senza sviluppare a fondo la caratterizzazione dei suoi colleghi.
L’impressione risultante è quella che si racconti più una serie di piccole storie ambientate nello stesso universo che un’unica grande narrazione. Fortunatamente, nella seconda metà della stagione, gli episodi iniziano a legarsi tra loro in modo più coeso e appassionante, anche se forse un po’ troppo in ritardo.

Il cast: tra conferme e sorprese
Il cast di The Studio è ricco di nomi di talento, ma a brillare più di tutti è Chase Sui Wonders. Pur essendo spesso in secondo piano rispetto agli altri personaggi, la sua interpretazione aggiunge sfumature importanti al racconto. Il suo personaggio è ambizioso, determinato a farsi un nome, ma finisce inevitabilmente coinvolto nelle scelte sbagliate di chi lo circonda. Ogni volta che Quinn prende più spazio nella narrazione, offre alcuni dei momenti più esilaranti della serie.
Seth Rogen, dal canto suo, firma una delle sue interpretazioni più riuscite. Il ruolo di Matt gli permette di esplorare una versione più complessa di sé stesso, alternando il suo classico umorismo sopra le righe a momenti più malinconici. Il risultato è un protagonista carismatico e frustrante al tempo stesso. Un uomo che sogna di cambiare l’industria cinematografica, ma che viene costantemente ostacolato da un sistema più grande di lui.
L’unico vero miscast è Catherine O’Hara. Il suo talento è indiscutibile, ma la sua presenza risulta troppo ingombrante rispetto agli altri personaggi secondari. Mentre il resto del cast fisso è composto da attori meno noti che si adattano perfettamente al tono meta-cinematografico della serie, la sua interpretazione spezza un po’ l’illusione, facendo sembrare il suo ruolo meno organico rispetto agli altri.
Ogni episodio di The Studio è poi arricchito da una serie di cameo di celebrità che interpretano sé stesse con grande autoironia. Per chi conosce la filmografia di Rogen, molte delle scelte nel cast non saranno una sorpresa, ma il risultato è comunque esilarante. Gli attori e i registi selezionati non sono mai lì solo per un’apparizione di facciata: ognuno di loro ha un ruolo che si integra perfettamente nella storia, evitando la sensazione di un cameo fine a sé stesso. I più interessanti? Sicuramente Martin Scorsese, Adam Scott e Dave Franco, che riescono a lasciare un segno indelebile nonostante i pochissimi minuti di screen time.
Una satira non rivoluzionaria ma riuscita
Se The Studio ha un limite, è quello di non essere un prodotto per chi già non segue la cultura pop che ruota intorno all’industria cinematografica, in quanto fa uso di moltissime battute che funzioneranno solo per chi segue assiduamente Deadline e Variety. Inoltre, la satira, per quanto pungente, non affonda mai veramente il colpo: si ride delle assurdità di Hollywood, ma senza mettere mai davvero in discussione le sue regole.
The Studio resta comunque un esperimento ben riuscito: una critica intelligente e ben costruita che mette in scena il caos dell’industria senza mai prendersi troppo sul serio. Il suo fascino sta nella sua capacità di far sentire “dentro” il mondo del cinema, tra attori insopportabili, dirigenti senza scrupoli e strategie di marketing folli, mentre il protagonista cerca disperatamente di mantenere un equilibrio tra arte e commercio. È un’impresa impossibile, ma dannatamente divertente da guardare.
Dal 26 marzo su Apple TV+, con episodi settimanali fino al 21 maggio.