Una terapia di gruppo

Sulla carta, “Una terapia di gruppo” è il remake della commedia spagnola “Toc Toc”. Un film che può esser recuperato sulle piattaforme e che aveva riscosso un notevole successo successivamente al suo arrivo al botteghino. Una commedia che racconta la forza intrinseca della terapia di gruppo per poter essere la chiave nell’affrontare diverse patologie. È pur vero che, a sua volta, la pellicola spagnola è tratta da un opera teatrale, ma si differenzia molto con la versione arrivata il 21 novembre nelle nostre sale.

Al di la del cast corale, “Una terapia di gruppo” riesce a scavare affondo nell’umanità dei suoi personaggi. Gioca con l’ironia e il rispetto per le patologie che porta sullo schermo. La sua sceneggiatura riesce a parlare con delicatezza di alcune possibili cause scatenanti di certi disturbi. Fornendo, in questo modo, un rispetto che riesce a far leva sulla sua chiave comica. Attraverso questa terapia, conosciamo i sei personaggi a cui il “dottorone” ha dato lo stesso appuntamento, alla stessa ora. Un medico che non vedremo mai, perché nascosto dalle diverse scuse date dalla sua segretaria. C’è chi nasconde la propria sintomatologia, chi vuol essere aiutato, chi non riesce ad affrontare le proprie oscure verità. Attraverso l’incontro, però, vengono messe sul tavolo tutte le loro personalità.

Una terapia di gruppo

La forza di questa commedia risiete proprio nella gestione dei tempi comici. Una commistione tra dramma e ironia che riesce a dare visibilità e rispetto a diverse patologie. Si, questa frase la leggerete spesso in questa recensione, ma è davvero l’obiettivo principale con cui l’intero comparto si è mosso nel realizzare questa storia. Sullo schermo, al contrario della versione spagnola, si ricercano le ragioni più profonde. Il background dei personaggi è approfondito e ciò fornisce loro una grandissima tridimensionalità che altrimenti non si avrebbe. I sei protagonisti non sono il loro problema, lo hanno e più o meno consapevolmente lo vogliono affrontare. Scavando, però, nelle profondità del loro disturbo ci si connette con loro.

Questa è una delle rare volte in cui la commedia italiana riesce a superare il film di partenza. Perché al di la delle battute facili, o scontante, c’è cura per i dettagli. In questo modo, possiamo vedere come la nostra modernità attanagli la psiche di molti giovani ventenni. O come lo stress post-traumatico possa influenzare la vita di una singola donna. Oppure ancora, come l’ossessione e l’incapacità di perdere il controllo possano costituire la fine di un amore. Ma anche come l’imbarazzo verso qualcosa di incurabile possa spingerti a nasconderti e a perderti le cose belle della vita.

Una terapia di gruppo

Insomma, noi vi consigliamo di recarvi nelle sale italiane e di godervi la sua durata in totale leggerezza. Scevri da qualsivoglia tipo di pregiudizio, la cosa migliore che bisogna fare è quella di non giudicare i personaggi. In questo modo ci si può mettere all’interno delle loro problematiche e farne un po’ tesoro. Spegnete i cellulari, una volta che il buio della sala si accende. Rendetevi irreperibili per un paio d’ore, circa. Non fatevi prendere dalla FOMO, tanto quanto da tutti i pensieri di controllo che vi costringono a controllare se abbiamo chiuso o meno la vostra macchina. Godetevi questa rappresentazione come una di molte e prendete a cuore i sei personaggi.

Come chiusa vogliamo ricordare il talento del cast che compone le diverse personalità. Anche perché, con buona probabilità, senza le loro interpretazioni difficilmente si sarebbe riusciti nell’impresa che hanno portato a casa. Claudio Bisio, Margherita Buy, Valentina Lodovini, Leo Gassmann, Ludovica Francesconi e Lucia Mascino, sono perfetti nella resa davanti la macchina da presa. Tutti e sette permettono una totale immersione in questa terapia e fanno sentire lo spettatore un po’ parte di queste storie.

di Lapizia

Guardo troppi film e parlo troppo velocemente, ma ho anche dei difetti!

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